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Lista putiniani, il report diventa un caso: perché Alessandro Orsini e altri 5 nomi non ci sono nel bollettino

Giada Oricchio
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Putiniani a chi? I nomi non tornano. Franco Gabrielli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti, ha chiesto al Dis e ottenuto di declassificare il bollettino sulla disinformazione del conflitto russo-ucraino all’origine dell’articolo apparso il 5 giugno scorso sul Corriere della Sera in merito alla rete di giornalisti, influencer e opinionisti italiani accusati di diffondere la propaganda del Cremlino sull’invasione dell’Ucraina. La notizia, corredata da foto, ha scatenato una bufera e indignato una parte della stampa che ha gridato alle liste di proscrizione.

Nel report si legge che “il perdurare del conflitto russo-ucraino fa registrare una diffusione trasversale della narrativa tra le varie piattaforme”. Si confermano la rilevante diffusione del fenomeno su Telegram (seguono Facebook e Twitter) e una certa continuità con la disinformazione attuata in merito alla pandemia da Covid-1 9. Inoltre, la linea narrativa pro Cremlino si adatta al target specifico di ognuno di questi social network.

Tuttavia, come rileva anche il sito Dagospia, c’è una stranezza: nel documento dei servizi segreti si citano Giorgio Bianchi del canale Telegram “Giubbe Rosse”, il canale “Roberto Nuzzo”, la blogger Francesca Totolo, l’economista Alberto Fazolo e il sito “L’antidiplomatico”, ma non c’è traccia dei più noti Alessandro Orsini, professore di sociologia, Vito Petrocelli, senatore M5S ed ex capo della Commissione esteri,  Manlio Dinucci, Maurizio Vezzosi, Maria Dubikova, Claudio Giordanengo e Laura Ruggeri. Nomi pubblicati, invece, dal Corriere della Sera e etichettati come “putiniani”. Perché? E in base a quale prova?

 

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