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The Lady of Heaven ritirato, "blasfemo". Esplode il caso sul film, fedeli musulmani in rivolta

Pietro De Leo
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Il bubbone gonfia sulla strada dell’integrazione nelle società occidentali. E riguarda la compatibilità della presenza islamica con i nostri retaggi culturali. L’ultima dimostrazione arriva dalla Gran Bretagna. Qui, due catene di cinema, Cineworld e Showcase, hanno ritirato dalle proprie proiezioni il film “The Lady of Heaven”, che racconta la vita di Fatima, una delle figlie di Maometto. La retromarcia delle catene di distribuzione è arrivata dopo un’ondata di proteste di fedeli musulmani in tutto il Paese. Una petizione per lo stop al prodotto (peraltro di basso costo), che ha raggiunto 120 mila adesioni. E poi sit in di fronte alle sale di Birmingham, Bolton, Bradford e Sheffield. Il Daily Mail scrive che in una di queste proteste il direttore dell’impianto si sarebbe affacciato per parlare con la folla, annunciando il ritiro della pellicola dall’offerta, notizia accolta dal grido “Allah Akbar”.

 

 

Le proteste prendono corpo dai dettami della gran parte delle scuole coraniche che vietano la rappresentazione diretta di figure religiose, precetto che, qui in Italia, ha reso un obiettivo sensibile del terrorismo islamico la Basilica di San Petronio a Bologna, dove è presente un affresco in cui Maometto viene rappresentato all’inferno. Dunque in Gran Bretagna, parte del mondo del cinema si inginocchia alla furia dei fondamentalisti, alla sindrome dell’assedio, essendo ancora aperta la ferita di Charlie Hebdo. Peraltro, sempre il Daily Mail ha intervistato alcuni spettatori della proiezione, tra cui dei musulmani, e nessuno di loro vi ha ravvisato elementi di blasfemia.

 

 

La questione ha coinvolto anche la dimensione politica. Il ministro della salute Sajid Javid, di origini pakistane, proveniente da una famiglia musulmana, anche se lui non è praticante, ha puntato il dito, a ragione, contro l’episodio che si colloca sulla scia della “cancel culture”, definendosi “molto preoccupato per la crescente cultura dell’annullamento” nel Paese. Rimane il senso pieno di una vicenda gravissima, che definisce il contorno di una cultura fondata sulla libertà e la contrapposizione delle idee, pilastri della laicità, alla mercé del ricatto della violenza di chi, a quell’identità non appartiene. Ma anzi ne esprime una esattamente contraria, fondata sul dogma da rivendicare con il sangue, sulla censura e l’oscuramento. E che, purtroppo, abbiamo cresciuto nel ventre delle società  europee.   

 

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