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A Davos vogliono "ricalibrare" la libertà di parola. Proposta al World Economic Forum, e nessuno fa una piega

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Nel fiume di dichiarazioni e analisi del World Economic Forum, il più famoso incontro mondiale sull’economia tornato a Davos, in Svizzera,  dopo lo stop per la pandemia, spunta un intervento che sta suscitando un certo clamore. A parlare è il Commissario per le e-Safety australiano, Julie Inman Grant.

“Penso che dovremo pensare a una ricalibrazione di un’intera gamma di diritti umani che si stanno manifestando online, dalla libertà di parola all’essere liberi della violenza online”, ha detto la responsabile della sicurezza informatica dell'Australia secondo quanto riporta il sito di Nicola Porro che vede in queste affermazioni la volontà, neanche nascosta, di imporre una sorta di censura si sistema.

 

In nome della sicurezza si promuove una "mentalità probabilmente più vicina al Medioevo, di privare le persone ad esprimere i loro pareri, o meglio i pareri non in linea con quelli 'dettati', seppur celatamente, dal perbenismo politicamente corretto", si legge nel sito del giornalista di Quarta Repubblica. A denunciare l'usicta dell'australiana è stato il  giornalista canadese Andrew Lawton che ha diffuso su Twitter il video dell'intervento di Davos, criticato anche dall'account dei Repubblicani americani della Commissione della Camera per la magistratura. 

 

 

Quello che è più inquietante è che le frasi della Grant non sono state "contraddette da nessuno durante il dibattito, nonostante il forum più importante per il mondo dell’economia si mostri sempre ben disposto – forse solo a parole – alle tematiche riguardanti il rispetto e la tutela dei diritti fondamentali, oggettivamente calpestati in queste affermazioni", spiega il sito. Anzi, gli altri conferenzieri annuiscono con soddisfazione. 

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