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Sputnik è l'unico vaccino che resiste a Omicron: due volte più efficace di Pfizer

Antonio Sbraga
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Uno «scudo spaziale» contro la variante Omicron c'è, ed è lo Sputnik V, anche se il vaccino russo è stato finora lasciato in orbita, non ancora autorizzato dalle agenzie europea ed italiana del farmaco Ema ed Aifa. Ma ora, mentre «tutti i vaccini attualmente autorizzati perdono parte dell'efficacia nei confronti di Omicron - sottolinea il team tecnico scientifico Covid 19 dell'Istituto Spallanzani - i risultati degli esperimenti di laboratorio, condotti in collaborazione tra Istituto Spallanzani e Istituto Gamaleya, hanno documentato che oltre il 70% delle persone vaccinate con Sputnik V mantengono un'attività neutralizzante contro Omicron, e tale attività si mantiene in buona parte anche a distanza di 3-6 mesi dalla vaccinazione. Questi risultati, appena usciti in preprint, risultano estremamente incoraggianti e utili per definire nuove strategie vaccinali in rapporto alla evoluzione delle varianti di SARS-CoV-2», sottolinea l'Istituto nazionale per le malattie infettive.

 

 

Una possibile svolta quella certificata dal team congiunto di ricercatori dei due istituti (il Gamaleya è quello che ha creato lo Sputnik V). Perché, stando alle prime spiegazioni, la capacità di rispondere alla variante Omicron da parte del vaccino russo sarebbe maggiore a quella registrata da quello americano: «Più di 2 volte superiori rispetto a 2 dosi di vaccino Pfizer (2.1 volte superiori in totale e 2.6 volte superiori 3 mesi dopo la vaccinazione)». Con un risultato finale che certificherebbe una riduzione «significativamente minore (2.6 volte) dell'attività di neutralizzazione del virus contro Omicron in confronto alla variante Wuhan di riferimento rispetto al vaccino Pfizer (riduzione di 8.1 volte per Sputnik V rispetto a 21.4 volte per il vaccino Pfizer)». Un confronto destinato a riaccendere le polemiche attorno alla mancata autorizzazione di quello che fu il primo vaccino ad essere annunciato, nel lontano 10 agosto 2020, chiamato come il primo satellite artificiale terrestre lanciato dai sovietici, «Sputnik» appunto. Anche se nel resto del mondo generò la stessa diffidenza che, nel 1957, accompagnò la missione spaziale di Mosca. «Stamattina è stato registrato il vaccino contro il coronavirus per la prima volta al mondo - annunciò il presidente russo, Vladimir Putin - So che il vaccino funziona in modo abbastanza efficace, garantisce un'immunità stabile e, ripeto, ha superato tutti i controlli». Al punto da farlo somministrare anche a una delle due figlie del nuovo Zar.

 

 

Nell'aprile scorso però anche l'«Istituto per la Sicurezza Sociale» della Repubblica di San Marino ha espresso «piena fiducia sulla sicurezza ed efficacia del vaccino russo Sputnik V», in special modo contro la prima variante più pericolosa: la Delta. «I dati della campagna vaccinale in corso - ha scritto 9 mesi fa l'Istituto della Repubblica del Titano - dove in circa il 90% dei casi è stato utilizzato il vaccino realizzato e prodotto dal Centro nazionale di ricerca epidemiologica e microbiologica "N. F. Gamaleja" di Mosca, mostrano un repentino calo dei contagi in territorio a distanza di un mese dall'inizio della somministrazione del vaccino, avvenuta il 1° marzo e nonostante già da metà febbraio fosse stata confermata una elevata presenza della cosiddetta "variante inglese" del virus in Repubblica».

 

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