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"Il green pass? Misura sovietica". Sinistra spaccata e dalla Cina arriva l'inquietante scenario

Benedetto Antonelli
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La sinistra tende a portare avanti la tesi per cui chi critica il green pass è un no-vax che mette in discussione la scienza. Eppure, proprio a sinistra, non mancano gli intellettuali che non si fanno problemi ad esprimere le loro critiche al lasciapassare verde. L’Istituto italiano degli studi filosofici di Napoli ha pubblicato un clamoroso intervento di Massimo Cacciari a doppia firma con un altro importante filosofo, Giorgio Agamben. Il succo si può riassumere così: il green pass è da regime dispotico, come è autoritaria la discriminazione in corso di chi non vuole vaccinarsi. «La discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B, è di per sé un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica - scrivono i due filosofi - Lo si sta affrontando, con il cosiddetto green pass, con inconsapevole leggerezza. Ogni regime dispotico ha sempre operato attraverso pratiche di discriminazione, all’inizio magari contenute e poi dilaganti. Non a caso in Cina dichiarano di voler continuare con tracciamenti e controlli anche al termine della pandemia». Poi, Cacciari e il collega sganciano la bomba: «Varrà la pena ricordare il "passaporto interno" che per ogni spostamento dovevano esibire alle autorità i cittadini dell’Unione Sovietica. Quando poi un esponente politico giunge a rivolgersi a chi non si vaccina usando un gergo fascista come "li purgheremo con il green pass" c’è davvero da temere di essere già oltre ogni garanzia costituzionale».

 

 

Il rischio, secondo i due filosofi, è di scivolare facilmente nel fanatismo. «Guai se il vaccino si trasforma in una sorta di simbolo politico-religioso. Ciò non solo rappresenterebbe una deriva anti-democratica intollerabile, ma contrasterebbe con la stessa evidenza scientifica. Nessuno invita a non vaccinarsi! Una cosa è sostenere l’utilità, comunque, del vaccino, altra, completamente diversa, tacere del fatto che ci troviamo tuttora in una fase di "sperimentazione di massa" e che su molti, fondamentali aspetti del problema il dibattito scientifico è del tutto aperto». Cacciari e Agamben utilizzano alcune argomentazioni che spesso sono utilizzate dalle persone che in questi giorni stanno manifestando in piazza contro il green pass. Soprattutto quando ricordano che «le case farmaceutiche hanno ufficialmente dichiarato che non è possibile prevedere i danni a lungo periodo del vaccino, non avendo avuto il tempo di effettuare tutti i test di genotossicità e di cancerogenicità». Ecco, allora, l’appello a non lasciarsi intimidire: «Il bisogno di discriminare - scrivono - è antico come la società, e certamente era già presente anche nella nostra, ma il renderlo oggi legge è qualcosa che la coscienza democratica non può accettare e contro cui deve subito reagire».

 

 

Anche il dibattito tra i giuristi è aperto. Non di certo a senso unico. Ci sono i costituzionalisti che sostengono la piena legittimità del green pass. Come Ugo De Siervo, che non vuol sentir parlare di limitazione della libertà, e Sabino Cassese, che su La Stampa spiega: «La salute di ognuno è collegata ad un interesse collettivo, quello di proteggere la salute di tutti». Ma ci sono anche le voci contrarie. Per il docente universitario e giurista Ugo Mattei, ad esempio, «il green pass è uno strumento subdolo di esclusione sociale».

 

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