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Mario Draghi fa piangere Silvio Berlusconi: con la Gelmini impugnato il piano per il suo villaggio in Sardegna

Franco Bechis
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Silvio Berlusconi ci aveva messo più di 30 anni, attraversando ostacoli incredibili e traversie inimmaginabili. Ma era ormai a un passo dalla realizzazione di un suo antichissimo sogno, nato ancora all'epoca di Milano 2 e Milano 3, quando era soprattutto uno dei più importanti costruttori italiani: la realizzazione del villaggio turistico di Costa Turchese in Sardegna. Dopo 30 anni e grazie alla scelta di inviare ad occuparsi del sogno uno dei suoi più stretti e fidati collaboratori- Adriano Galliani, il sogno stava davvero per avverarsi a inizio di questo 2021. E proprio quando i cantieri stavano per aprire e i lavori per iniziare, è arrivato l'ostacolo che mai il cavaliere si sarebbe aspettato: a mandare di nuovo tutto per aria- per altro senza sapere quel che stava facendo- è stata Mariastella Gelmini, ministro degli Affari regionali, che ha proposto al premier Mario Draghi il passo fatale grazie a cui dopo oltre 30 anni è di nuovo saltato tutto.

 

 

Il progetto “Costa Turchese” era nato all'inizio degli anni Ottanta all'interno del gruppo Fininvest, ed era davvero faraonico: alberghi, ville, appartamenti e perfino un porto turistico in una delle zone più belle della Sardegna a pochi chilometri da Olbia: 400 ettari di macchia mediterranea acquistati a quel tempo fra Capo Ceraso e la località di Murta Maria per realizzare una “Sardegna 2” di Silvio edificando in quell'area più di 2 milioni di metri cubi. Ma fra il sogno e la realtà - affidato a una società del gruppo, la Edilizia Alta Italia - c'è stata la sollevazione dal primo momento del mondo dell'ambientalismo italiano, un bel po' di burocrazia e anche un certo orgoglio dei sardi non così disponibili a concedersi ai progetti del Cavaliere. Ogni anno o per cambi di giunte comunali o per modifiche normative Edilizia Alta Italia non riusciva ad ottenere i permessi e le licenze necessarie ad iniziare i lavori, e il suo progetto per lustri è così restato sulla carta. Ma non è stato l'unico ostacolo, perché con una certa ingenuità i manager della società mentre discutevano con le amministrazioni si sono dimenticati di proteggere e fortificare la proprietà. Che così è sembrata di boschi e pascoli di libero utilizzo, perfetti per i pascoli delle greggi dei pastori sardi. Uno di loro fin dal cuore degli anni Ottanta era diventato un incubo per i manager di Berlusconi: Paolo Murgia, che considerava quei terreni come casa sua. Come ricordarono i manager di Berlusconi “nel novembre 1984, con verbale di conciliazione giudiziaria la società concesse al Murgia a titolo gratuito e sino a revoca, il diritto di pascolo su una parte dei terreni in località Murta Maria confidando, con ciò, di porre fine alle pretese e alle azioni prevaricatrici del soggetto”.

 

 

Errore tragico, perché invece il diabolico pastore fece valere quel diritto concessogli con generosità come usucapione da fare riconoscere dal tribunale di Tempio Pausania. Ne derivò una serie infinita di cause, che il Murgia all'inizio vinse sentendosi poi così forte da rifiutare il tentativo di transazione economica avanzato dagli uomini del Cavaliere. Le sue vittorie contro Berlusconi infiammarono i sardi, e perfino i Democratici di sinistra che a un certo punto videro in Murgia l'uomo che riusciva a battere il leader di Forza Italia quando a nessun altro era possibile in quei tempi. Per altro vista la strada aperta da Murgia decine di altri pastori hanno iniziato a presentare cause per il riconoscimento dell'usucapione su quei terreni. Ma alla fine con i pastori (le cui cause persistono ancora oggi) la società di Berlusconi se l'è sempre cavata. I suoi progetti - i master plan li chiamavano i manager - sono stati rivisti per venire incontro alle amministrazioni comunali. Nel 2004 dopo tanta pena, il 24 novembre, il comune di Olbia aveva pure approvato la versione rivisitata e ridotta. Ma l'anno dopo la Regione Sardegna lo aveva bocciato, sulla base della nuova legge di Renato Soru che vietava qualsiasi insediamento nei pressi delle coste. Da quel momento è tornato il calvario, durato anni, perdite costanti della società, e una vita passata nei tribunali dell'isola. Fino a quando Berlusconi non ha deciso di mandare ad occuparsi della vicenda proprio il fido Galliani, che è divenuto presidente della società Edilizia Alta Italia che ora ha cambiato nome e ragione sociale in “Costa Turchese”. E in quella che sembrava davvero una storia infinta si è aperta finalmente una luce. Il 3 agosto 2017 è stato illustrato al Comune di Olbia il nuovo “master plan” della società. Dei 2 milioni di metri cubi originari ne sono restati 140 mila in piedi. Sostanzialmente la proposta è quella di costruire due alberghi di superlusso uno nella parte bassa di Capo Ceraso e uno in località Li Cuncheddi verso Bunte, a 4 km l'uno dall'altro. Il 29 luglio 2020 finalmente il sogno sia pure ridotto di Berlusconi è stato inserito nel Piano Urbanistico comunale di Olbia.

E quel documento non solo è stato approvato dalla Regione Sardegna ma è stato inserito con i due alberghi di Berlusconi anche nel piano casa contenuto nella legge regionale del 18 gennaio scorso (la n. 1/2021). Champagne alla “Costa Turchese” e gran lavoro di Galliani coronato dal successo. A febbraio il gruppo Fininvest ha versato in conto capitale un milione di euro come prima tranche di un finanziamento di 4 milioni per aprire i cantieri. Poi la doccia fredda, riportata nell'ultimo bilancio della società: “la prosecuzione in sede regionale dell'articolato iter del nuovo strumento urbanistico comunale trova però un imprevisto ostacolo nella eccezione di incostituzionalità della Legge Regionale 1/2021 (cd Piano Casa) recentemente sollevata dal Consiglio dei ministri”. E in effetti è stato proprio così: il 19 marzo scorso ignara di tutta questa storia il ministro degli Affari Regionali, Mariastella Gelmini (che è di Forza Italia) ha proposto con successo al premier Mario Draghi di impugnare proprio quella legge della Sardegna- il Piano Casa- per incostituzionalità. E il presidente del Consiglio due giorni dopo- il 21 marzo- ha fatto presentare dall'Avvocatura dello Stato ricorso davanti alla Corte costituzionale. Draghi e la Gelmini apprenderanno oggi da questo articolo le conseguenze che quella impugnazione ha causato a Berlusconi e Galliani, ma potranno felicitarsi per non avere avuto alcun possibile conflitto di interesse. Meno felici nella società che vede svanire per l'ennesima volta tutto: “Tale intricata situazione”, scrivono i manager, “potrebbe sortire l'effettp di allontanare ulteriormente nel tempo il concretizzarsi delle legittime aspettative della società che- da oltre un trentennio- attende di potere dare avvio alle attività di sviluppo urbanistico delle aree”...

 

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