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Un sms e il matrimonio salta: sentenza della Cassazione sui messaggi all'amante

Pina Sereni
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Uomini, prestate attenzione a come utilizzate lo smartphone. Basta difatti qualche messaggio romantico inviato tramite chat a una donna che non sia vostra moglie, ovviamente - per essere additati come traditori e per vedervi attribuita la colpa esclusiva per la rottura definitiva del matrimonio. Questo il succo della vicenda, riguardante una coppia toscana, presa in esame dai magistrati della Cassazione, i quali confermando le valutazioni compiute dai giudici di primo e di secondo grado, hanno inchiodato l'uomo alle proprie responsabilità, certificate da alcuni messaggi passionali trasmessi per via telematica a una donna diversa dalla consorte e identificata, di conseguenza, come l'amante.

 

 

Proprio sul contenuto di quei messaggi ha puntato sin dall'inizio la moglie - Paola, nome di fantasia -, sostenendo che la scoperta della chat tra il coniuge e una donna le aveva permesso di aprire gli occhi e di venire a conoscenza del tradimento perpetrato alle sue spalle dal marito Mario, nome di fantasia, e che sempre quella scoperta l'aveva ferita a tal punto da rendere impossibile la prosecuzione anche solo della convivenza sotto lo stesso tetto con l'uomo che le aveva promesso eterna fedeltà e invece l'aveva evidentemente tradita. Così, dinanzi ai giudici, prima in Tribunale e poi in appello, Paola ha messo sul tavolo le foto dei messaggi inviati da Mario alla - presunta - amante e ha anche sottolineato di avere successivamente fatto i bagagli e preso la porta di casa abbandonando volontariamente la casa in cui hanno vissuto come famiglia. La versione fornita dalla donna ferita dal tradimento ha convinto però non solo i giudici di primo e di secondo grado, ma anche i magistrati della Cassazione.

 

 

Questi ultimi, difatti, respingendo le obiezioni proposte da Mario tramite il proprio avvocato, hanno confermato a suo carico la colpa piena per la rottura con la moglie. Inequivocabile, in sostanza, il contenuto dei messaggi incriminati, quelli inviati a una donna che non era la moglie. Su questo fronte, difatti, si è appurato, tra primo e secondo grado, che quelle comunicazioni contenevano chiarissime frasi amorose, sufficienti come prova dell'esistenza di una relazione. E questo dato è considerato decisivo anche dai giudici della Cassazione. Impossibile, quindi, dubitare delle responsabilità di Mario nella rottura del rapporto con la moglie, che, scoperto il tradimento, non ha potuto fare altro che andar via di casa, dopo anche avere effettuato un prelievo di denaro dal conto corrente intestato al marito.

 

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