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Lockdown a Pasqua, Alessandro Sallusti contro i delatori e Roberto Speranza: "Spie temibili, ministro incosciente"

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Le temibili spie della porta accanto e l’incoscienza dei politici come Roberto Speranza. Picchia duro Alessandro Sallusti nell’intervento odierno su Il Giornale, incentrato in particolare sulla paura della spie. Non quelle infiltrate dalla Russia o da altri paesi alla ricerca di notizie top secret, ma quelle “più temibili e vigliacche sono quelle della porta o della scrivania accanto e non per la gravità delle conseguenze, ma per il fatto in sé. Sono tanti i cittadini in queste ore «segnalati» all'autorità competente si dice in gergo come presunti untori e trasgressori delle rigide regole anti Covid”. 

 

 

Sulla questione dei vicini che ormai sono diventate sentinelle anti-assembramento, con i giornali che sono pieni di casi di multe a personaggi famosi e non dopo le soffiate alle forze dell’ordine, Sallusti punta il dito contro “quei politici alla Speranza, quei virologi estremisti che invita a fare la spia «per il bene comune». Sono degli incoscienti che stanno solo rompendo il patto sociale che è alla base della civile convivenza più di quanto lo sia il rispetto delle regole”. E cita poi le parole di Stenio Solinas: "Ed è questa militarizzazione della vita pubblica, questa trasformazione di ogni membro della società in combattente e custode dell'ortodossia, e quindi spia, delatore, tutti traditori di tutti, che permette negli anni l'insediarsi di un regime".

 

 

Il giornalista chiarisce meglio il pensiero per evitare critiche: “Io sono per rispettare le regole e cercherò di farlo anche in questo weekend pasquale blindato, ma la delazione non è un dovere civile, è un reato odioso anche se non previsto dal codice penale. Non manderò nessun poliziotto a bussare alla porta altrui e mi rifiuto di pensare che la polizia bussi alla mia, mandata da qualcuno o se di sua iniziativa. Se in quel momento non c'è un imminente pericolo di vita, per entrare in una casa è necessario un mandato dell'autorità giudiziaria, non basta una telefonata anonima. Io spero che ministri, prefetti e questori abbiano ben chiaro questo concetto. Perché come disse Giovanni Falcone ‘la cultura del sospetto non è l'anticamera della verità ma del khomeinismo’”.

 

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