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Il Covid viaggia anche nei surgelati. Lo studio choc sui contagi dalla Cina

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La Cina ha segnalato in questi giorni cinque nuovi casi di importazione di surgelati risultati positivi al coronavirus. Carne e pesce che, secondo il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie (CCDC), potrebbero rappresentare uno dei più subdoli veicoli di immissione del virus nel Paese. Sulla possibilità che SARS-CoV-2 resista a temperature estremamente fredde sono state fornite diverse interpretazioni. Uno studio pubblicato sul sito open access BioRxiv, condotto dagli esperti del CCDC e non ancora sottoposto a revisione, ha portato all’identificazione e all’isolamento di un campione di coronavirus sull’imballaggio esterno di una confezione di merluzzo congelato. Gli stessi autori sottolineavano che, sebbene le basse temperature tipiche della refrigerazione possano effettivamente contribuire alla diffusione del virus, la vicinanza tra i lavoratori e il numero di persone coinvolte nell’imballaggio di prodotti surgelati potrebbero svolgere un ruolo più significativo sulla facilità di trasmissione dell’infezione nei centri di refrigerazione.

Stando ai risultati di un altro lavoro, pubblicato sulla stessa piattaforma, degli esperti dell’Università di Singapore, il virus potrebbe sopravvivere su carne e pesce congelati per archi di tempo fino a tre settimane, il che, secondo gli scienziati, potrebbe spiegare la ricomparsa di focolai di Covid-19 in regioni con apparente eradicazione locale, come gli episodi epidemici di Pechino registrati dopo settimane caratterizzate dall’assenza di nuovi casi. «Non ci sono prove che il packaging alimentare - si legge sul sito ufficiale della Food and Drugs Administration (FDA) americana - sia associato alla trasmissione di Covid-19». Anche i vertici dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sembrano escludere l’eventualità che la catena di approvvigionamento alimentare possa rappresentare un veicolo di trasmissione dell’infezione, sebbene sia stata verificata la resistenza dell’agente patogeno alle basse temperature. «Non c’è motivo di credere che il freddo possa uccidere il nuovo coronavirus o altre malattie - si legge sul sito ufficiale dell’Oms - è altamente improbabile che Covid-19 possa diffondersi dal cibo o dal suo imballaggio, ma è sempre opportuno lavarsi le mani prima, dopo e durante la manipolazione degli alimenti, maneggiare con cura carne, latte e vegetali crudi per evitarne la contaminazione ed evitare il consumo di prodotti animali crudi o poco cotti».

Anche tra le linee guida pubblicate sul sito ufficiale dei Centres for Disease Control and Prevention (CDC) americani si ribadisce l’importanza di praticare una corretta igiene delle mani in ogni situazione, anche se non esistono prove definitive a sostegno della possibilità di contrarre l’infezione dai prodotti surgelati. «Le persone non dovrebbero temere il cibo, o il confezionamento, la lavorazione o la consegna dei prodotti alimentari - ha dichiarato durante un incontro a Ginevra Mike Ryan, capo del programma di emergenza dell’Oms - non ci sono prove che il cibo o la catena alimentare partecipino alla trasmissione di questo virus. E le persone dovrebbero sentirsi al sicuro su questo». Nel frattempo, i casi legati alla catena alimentare sono stati numerosi, dal più esemplare in Germania, che lo scorso giugno ha portato alla chiusura della fabbrica di carne della Tonnies, a Rheda-Wiedenbruck nel Nord Reno-Vestfalia, associata a più di 1.533 casi di Covid-19, fino all’ultimo, individuato in Cina, che riguarda due confezioni di pesce indiano, un campione di salmone russo e due imballi di manzo argentino, approdati al porto di Fuzhou, nella provincia del Fujian, in Cina orientale.

Gli esperti sottolineano che sarà necessario approfondire lo studio di queste situazioni per valutare la reale possibilità di infezione derivante dall’imballaggio dei prodotti congelati, mentre il personale entrato a contatto con le partite infette è stato sottoposto a test e indagini del caso. Dal semplice materiale genetico inattivo e incapace di replicazione fino all’agente patogeno infetto, diverse testimonianze sembrano suggerire che il virus potrebbe effettivamente sopravvivere alle basse temperature e all’interno di prodotti surgelati, dato che diverse ricerche testimoniano la capacità di SARS-CoV-2 di resistere inalterato a basse temperature nonostante tempi prolungati di esposizione al freddo. «Le autorità cinesi hanno agito rapidamente per sospendere l’importazione di salmone dall’Europa - scrive il team dell’Università di Singapore - la fattibilità di questo meccanismo di trasmissione non convenzionale è tuttavia dibattuta. Il nostro lavoro ha dimostrato che il titolo di SARS-CoV-2 è rimasto costante a 4 C, -20 C e -80 C per tre settimane, il che evidenzia la capacità del virus di sopravvivere al tempo e alle temperature associate alle condizioni di trasporto e conservazione utilizzate nel commercio alimentare internazionale». Questi dati sembrano alimentare i timori legati alla possibilità di reintroduzione del virus tramite le catene del freddo, ma le autorità sanitarie globali insistono sull’improbabilità di contrarre l’infezione dai sistemi di approvvigionamento alimentare e rassicurano sull’assenza di prove definitive a favore di tale eventualità.

 

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