Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Da Cicerone il manuale del perfetto candidato per la politica

Alberto Fraja
  • a
  • a
  • a

Sapete chi è l’autore del primo vademecum elettorale della storia? È un ciociaro. Meglio, un arpinate vale a dire un signore nato nella ridente cittadina di Arpino. Si chiamava Quinto Tullio Cicerone ed era fratello del più noto Marco Tullio, l’oratore celeberrimo, il filosofo, l’avvocato e via così. Il formulario di Quinto, sorta di manuale del perfetto candidato dai contenuti sorprendentemente attuali, si chiama «Commentolarium petitionis» e al grande Marco Tullio darà una mano decisiva per la conquista dello scranno cui l’autore del «De re pubblica» punta più di ogni altra cosa: quello di console. Andiamo con ordine. È l’annus 63 a Nativitate. Il candidato Marco Tullio convoca Quinto e lo esorta: mio caro fratellino, inventati qualcosa perché io questi ludi cartacei (vulgo, elezioni) li voglio vincere a tutti i costi. Detto, fatto. Il più piccolo dei Cicerone si mette al lavoro e, dopo qualche settimana, sforna il libriccino che al fratello-candidato procaccerà, assicura, il «consensus omnium bonorum». Nel Commentolarium Quinto infila uno via l’altro una serie di consigli che qualsiasi spin doctor 2.0 potrebbe fornire, tali e quali, a un inseguitore di cadrega di oggidì.

Qualche esempio: Marco parte da una posizione sfavorevole considerato che deve vedersela con rivali del calibro di un Gaio Antonio Ibrido o di un Lucio Sergio Catilina? Quinto consiglia: fai in modo che la gente sappia che i due pericolosissimi concorrenti « sono assassini fin dall'infanzia, due uomini dissoluti e caduti molto in basso. Del primo di loro noi abbiamo visto la confisca dei beni, e l’abbiamo poi udito giurare che egli a Roma non poteva competere da pari a pari in tribunale con un Greco; sappiamo che è stato cacciato dal Senato in seguito alla giusta valutazione di ottimi censori». Non solo: «Antonio, nel periodo in cui esercitò la sua carica acquistò al mercato degli schiavi un’amante che teneva a casa sua, davanti agli occhi di tutti; in qualità di candidato al consolato preferì derubare tutti gli osti, nel corso di una vergognosa ambasceria piuttosto che restare a Roma ed implorare il popolo romano». E di Catilina? Vogliamo parlarne? «Perché non potrei ora dire che aspira con te al consolato un uomo che, sotto lo sguardo del popolo romano ha battuto con le verghe, trascinandolo per tutta la città un persona assai cara al popolo romano, Marco Mario, lo ha condotto accanto ad un monumento funebre, straziandolo con ogni genere di supplizi e, mentre era vivo ed opponeva resistenza, l’ha decapitato con la sua destra, tenendolo per i capelli con la sinistra. Ed ha portato via la testa con la sua mano, mentre scorrevano tra le sue dita rivoli. di sangue?», scrive Quinto Tullio. «Egli, che successivamente fu in tale comunanza di vita con istrioni e gladiatori da trovare nei primi compagni di lussuria, nei secondi complici di delitti; egli che non potè entrare in alcun luogo tanto sacro e venerabile, in cui, pur rimanendo assenti colpe altrui, la sua dissolutezza non lasciasse un sospetto di infamia». Della serie: écrasez l’infàme!

Altra raccomandazione. Stai attento che «Roma è città piena di tranelli, di inganni, di vizi di ogni genere, in cui bisogna sopportare l’insolenza, l’astio, la tracotanza, l’odio, il fastidio di molti» ragione per la quale «occupati dell’intera città, stai dietro a tutti: ai nobili, ai pubblicani, ai cavalieri, ai senatori, ai liberti, ai cittadini influenti nelle tribù e nei municipi dell’Italia intera con un occhio di riguardo per i giovani. Tieni la casa aperta a chiunque, giorno e notte - incalza l’autore del manualetto - e vedi di conoscerli tutti di persona, frequentali, blandiscili e prometti, prometti senza tanti scrupoli ma senza assumere impegni precisi, tenendoti sulle generali”» L’autore del Commentolarium invita poi il congiunto a procacciarsi soprattutto il sostegno di quelli che oggi chiameremmo «poteri forti». «Cerca a tutti i costi il sostegno dei magistrati ma tieni comunque e sempre d’occhio i clientes». E nel confronto con l’avversario come dovrà comportarsi il fratellone candidato? «Usa il fioretto ma anche la clava - consiglia Quinto - denigra se necessario, alimenta il venticello del sospetto (è un lussurioso, sperpera denaro, frequenta personaggi ambigui ecc.) e, se del caso, passa all’intimidazione». Sta scritto nell’Ecclesiaste: nihil sub sole novi.

Dai blog