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La telefonata della Cancellieri a Ligresti non fu reato

Senato - Informativa del Governo sul incidenti e violenze a Roma Catania

La procura di Roma ha archiviato il fascicolo. L'accusa era falsa testimonianza al magistrato

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La lunga gogna a cui era stata sottoposto l'ex Guardasigilli è terminata con un'archiviazione. È questo l'esito dell'indagine che ha rischiato di far finire sul banco degli imputati Anna Maria Cancellieri. I giudici del tribunale penale romano di piazzale Clodio hanno infatti accolto la richiesta dei sostituti procuratori Simona Marrazza, Erminio Amelio e Stefano Pesci, gli stessi che avevano passato al setaccio il comportamento del Ministro sospettato di aver reso false dichiarazioni a un pubblico ministero. La vicenda riguardava le telefonate con Antonino Ligresti, fratello di Salvatore, arrestato dalla procura di Torino insieme alle figlie Giulia e Jonella, nell'ambito dell'inchiesta su Fonsai. Il fascicolo, aperto dalla procura piemontese e approdato successivamente, per competenza, presso la procura capitolina, inizialmente non aveva né indagati né ipotesi di reato. Gli inquirenti lavoravano principalmente su un verbale, quello dell'audizione dell'ex Ministro, avvenuta il 22 agosto presso la sede del ministero di via Arenula. Pur non essendo indagata, la donna aveva dovuto rispondere alle domande del procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi. Il magistrato chiedeva delucidazioni su alcune telefonate. Chiamate finite nell'inchiesta sulla compagnia assicurativa. Contatti avvenuti nei giorni in cui pendeva la richiesta di arresti domiciliari per Giulia Ligresti, figlia di Salvatore. La ragazza infatti non mangiava da giorni e rischiava l'anoressia. Il Ministro aveva subito ammesso di aver parlato con il suo «amico di famiglia» Antonino Ligresti, discutendo in merito alle condizioni di salute della nipote. L'attenzione degli inquirenti si era dunque spostata su una domanda: fu il Ministro a chiamare Ligresti o il contrario?. «Qualsiasi cosa io possa fare conta su di me» avrebbe inoltre affermato al telefono Anna Maria Cancellieri il 17 agosto conversando con Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti. La questione era semplice, bisognava capire se il Ministro fosse intervenuto direttamente con il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria omettendo poi di dire la verità alla procura di Torino. La donna, sentita come persona informata sui fatti, spiegò che si trattava di una telefonata di «solidarietà» da inquadrarsi «sotto l'aspetto umano». Successivamente, il 28 agosto, 11 giorni dopo la telefonata, Giulia Ligresti ottenne gli arresti domiciliari, grazie a un'istanza di patteggiamento. Il caso politico era nato e la Cancellieri si era difesa: «Non c'è stata alcuna interferenza con le decisioni degli organi giudiziari e nel caso di Giulia Ligresti era mio dovere trasferire questa notizia agli organi competenti dell'Amministrazione Penitenziaria per invitarli a porre in essere gli interventi tesi a impedire eventuali gesti autolesivi. Mi sono comportata nello stesso modo quando sono pervenute al mio Ufficio segnalazioni, da chiunque inoltrate, che manifestassero preoccupazioni circa le condizioni sullo stato psicofisico di persone in stato di detenzione».

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