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Aereo-killer: strage sulla neve. Trovati corpi aggrovigliati

Acrobazia di un apparecchio militare Usa trancia i cavi della funivia: 20 morti, 3 italiani

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CAVALESE - Venti morti: è il bilancio della tragedia della funivia del Cermis, nel Trentino, precipitata dopo che un aereo militare Usa decollato dalla base Nato di Aviano (Pordenone), durante una spericolata acrobazia, aveva tranciato i cavi. Tra le vittime (nove donne e undici uomini tra cui un bambino) gli italiani sono tre: il manovratore (Marcello Vanzo, 50 anni) e due donne altoatesine di 55 e 60 anni. L'altra cabina è rimasta sospesa e l'unico passeggero, il manovratore, è stato salvato in elicottero. Una tragedia annunciata. Non ha nessun dubbio Ivan Ceol, che abita a Varena, sulla collina di fronte e più in alto rispetto al luogo dove hanno perso la vita 20 persone, nove donne, dieci uomini (tra cui il manovratore) e un ragazzo, nel drammatico volo della funia del Cermis. «Da anni ho una battaglia personale con questi aerei che regolarmente passano sulla valle velocissimi e a bassa quota. Per tre volte - dice Ceol - ho chiamato in questi giorni il III Stormo di Verona per protestare, per chiedere un intervento, per cercare di evitare quella che è divenuta una tragedia. Anche oggi (ieri per chi legge, ndr), appena passato l'aereo, ho chiamato il commissariato del governo di Trento. Poi abbiamo sentito gli elicotteri, ho capito che era successo qualcosa, ho chiamato Verona per ringraziare del loro intervento». Ceol descrive quanto avveniva regolarmente in Val di Fiemme. «Questi aerei volavano bassissimo e a una velocità incredibile - a Verona mi chiedevano di che colore erano e di identificare le sigle, ma chi riusciva a vederli quando passavano come delle schegge?». «Si sentivano eccome - conferma la moglie, Franca Cirignano - mio marito telefonava a Verona e gli rispondevano che senza i numeri non si poteva fare nulla, potevano essere aerei provenienti da Aviano, come da Gioia Tauro». «Quando è passato l'aereo - prosegue la donna - la casa ha tremato. Abbiamo sentito volare gli elicotteri. Abbiamo capito che la tragedia annunciata era avvenuta». Era caduta la funivia del Cermis. La stessa testimonianza viene da Francesco Moser. In un'intervista a Enrico Mentana, direttore del Tg5 l'ex campione di ciclismo, oggi assessore al turismo, ha affermato che già in passato le autorità locali avevano segnalato, anche in un'interrogazione, che aerei militari sfrecciavano più in basso del paese di Cavalese, passando sotto i fili della cabinovia. «Non era la prima volta che gli aerei volavano sotto i fili, tra gli alberi e il cavo - ha detto Moser - e in paese c'erano state proteste soprattutto per il rumore. Gli addestramenti potrebbero farli in posti dove non c'è popolazione». Intanto, in serata il comandante della base Usaf di Aviano ha ricostruito il volo assassino in una conferenza stampa. Nessuna avaria ai motori, «lievi danni» a un'ala e alla coda verticale, ma nessun particolare sulla rotta: sono questi gli elementi emersi dalla ricostruzione. Teso e commosso, il comandante Timoty A. Peppe ha espresso «il profondo cordoglio dei militari Usa per quanto è successo». L'ufficiale ha reso noto che «l'aereo è rientrat o alle 15,30 ad Aviano ed è stato subito posto sotto sequestro. I quattro militari che si trovavano a bordo non hanno riposrtato ferite. L'aereo ha invece riportati lievi danni a un'ala e alla coda verticale». Il generale non ha voluto rispondere alle domande sulle cause dell'incidente e non ha reso noti i nomi dell'equipaggio, ma ha detto che il velivolo dei marines fa parte di uno stormo proveniente dal Nord carolina «riposizionato ad aviano a supporto delle operazioni Nato in Bosnia». Il generale ha inoltre annunciato che «fino a quando non sarà chiarita la dinamica dell'incidente del Cermis tutte le missioni aeree Usa a bassa quota in Italia saranno sospese». Gli Stati Uniti hanno intanto nominato una commissione tecnica incaricata di indagare sulle cause della sciagura. Nella commissione ci sarà anche un componente italiano, il colonnello Orfeo Durigon, pilota ed esperto di sicurezza del volo. Per quel che riguarda l'inchiesta giudiziaria, sulla base di un trattato del 1959, ratificato anche dall'Italia, in caso di incidente aereo in territorio straniero, lo stato proprietario del velivolo può esercitare un'opzione, vale a dire può decidere se condurre in proprio l'inchiesta giudiziaria o se affidarla al Paese dove è accaduto l'incidente. «Se c'è stato prima di oggi un volo a quote più basse di quelle che sono previste bisogna vederci chiaro. Bisogna accertare se ci sono state denunce e fin dove sono arrivate». È questa l'opinione del sottosegretario alla Difesa, Massimo Brutti. Le norme di sicurezza «ci sono e sono rigorose», ha detto il sottosegretario, sottolineando che «gli americani sui voli a bassa quota (tra i 150 e i 1.500 metri) hanno norme anche più rigide dell'Italia».     «PRIMA UN RUMORE TREMENDO POI ABBIAMO VISTO LA CABINA PRECIPITARE ORRENDAMENTE» Cavalese - «È come se fosse stato ieri»: così Carlo Schweizer, tra i valliggiani accorsi sul luogo del disastro del Cermis. Schweizer era il amnovratore dell afunivia il 9 marzo del 1976, quando 42 persone morirono su una cabina della funivia. Ieri, dopo 22 anni, sulla stessa funivia una nuova tragedia. Il presidente della giunta provinciale di trento, Carlo Andreotti, ha parlato di «War games» e h adetto che cose simili non dovranno più accdere, h araccontato che la gente del posto aveva protestato più volte per quegli aerei che passavano troppo vicini, alle volte addirittura sotto i cavi. L'impatto è avvenuto in una splendida giornata di sole, con centinaia di turisti che affollavano le piste da sci. Nel cielo le scie bianche degli aerei in volo, a incrociarsi sopra la montagna scintillante di neve. Poi un «bang» tremendo, un aereo che si solleva con un'impennata. La cabina gialla con gli sciatori a bordo è caduta da un centinaio di metri nella neve di un prato. Una famiglia che scende a valle con un furgoncino assiste, impotente, all'incidente: «Lo spostamento d'aria dell'aereo - hanno raccontato - ha letteralmente spostato il furgoncino». Altri, sul posto, hanno visto l'accaduto: «Ho visto la funivia girare su se stessa». Sul luogo del disastro sono arrivati dopo pochi minuti i primi soccorritori, uomini della vicina scuola alpina della Guardia di finanza. Ai Masi di Cavalese è scesa la notte e con le fotoelettriche è stata illuminata la cabina gialla riversa nella neve. L'opera di estrazione delle vittime è cominciata dopo l'arrivo da Padova di una squadra della polizia scientifica. La scena che si è presentata agli occhi dei soccorritori è raccapricciante. Le salme aggrovigliate tra loro, i volti quasi irriconoscibili, impietriti in una maschera di terrore. Le salme sono state composte nella camera mortuaria di Cavalese e, insieme alla pietosa opera di riconoscimento hanno preso il via anche le polemiche. È ancora il presidente Andreotti a parlare: «Qui si apre un grosso problema con le autorità militari - ha detto -. Non è possibile che gli aerei passino a volo radente dove ci sono impianti di risalita».

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