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Totti: "La Lazio non esiste. E io servirei ancora alla Roma"

Il simbolo giallorosso ricorda: mamma e nonna tifavano i biancocelesti

Alessandro Austini
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"Per me Roma è la Roma. La Lazio non esiste. Non posso fare paragoni. Ciò non significa che sto parlando male di loro, tutt'altro. Per me la Roma è unica, così come i suoi tifosi. Sono passionali, sentimentali, danno tutto per la maglia".  A parlare è Francesco Totti, che nonostante abbia smesso di giocare da due anni continua a vivere la rivalità cittadina come se fosse ancora in campo. Ma svela anche un retroscena sulla sua famiglia: "Mia mamma era laziale, a causa di mia nonna. Mio padre e i miei fratelli - racconta il simbolo giallorosso alla rivista spagnola Libero - invece erano romanisti. Quando ero alla Lodigiani chiamarono i miei genitori per due offerte. Una della Lazio e una della Roma. Non ho mai avuto dubbi: rifiutai la prima, e andai in giallorosso. È stata la decisione migliore mai presa in vita mia. Una volta che sono riuscito a ottenere questo sogno me lo sono tenuto stretto. Questa è la mia specialità. Roma per me è la città più bella del mondo. Mare, montagna, sole, amici, parenti. Per me è una città che non cambierei con nessun altra al mondo". Poi torna sull'addio al calcio, una decisione della società mai accettata né digerita dall'ex capitano. "Sono coerente con me stesso, con il mio fisico e la mia testa. So che c'è un inizio e una fine. Ma ci sono giocatori come Messi, Ronaldo, io… Con il diritto di decidere. Sarei stato un buon elemento per la Roma anche oggi , ma non perché sono Totti, ma per l'ambiente, i giocatori, l'esperienza, il marketing, per tutto. E non avrei dovuto nemmeno giocare ogni partita, ma uno sì e tre no. Venti minuti in una gara, la Coppa … ". Sull'esperienza a Trigoria degli spagnoli Luis Enrique e Monchi: "Luis Enrique a Roma non ha fatto molto bene, anche se è vero che non aveva una squadra per vincere. Ci eravamo già affrontati come giocatori in passato, e mi aveva lasciato il segno: cinque punti sulla gamba…. Monchi ha avuto molti alti e bassi. Non mi sono mai sentito importante nel progetto, anche se lui per me è un dirigente leale, sincero, di grande professionalità. Il cambiamento che ha vissuto non è stato facile. È andato via da Siviglia, dove ha avuto una carriera di 30 anni, per venire a Roma, dove tutti si aspettano il massimo. È arrivato in un momento unico nella gestione americana e penso che sia stato mal consigliato. Non si è circondato delle persone che volevano davvero lasciargli fare il suo lavoro. Ha fatto affidamento su altri che pensavano più a se stessi".

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