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di Gianfranco Giubilo Già sorta l'alba del rinnovamento, della radicale inversione di rotta che dovrebbe risollevare il calcio italiano dal baratro nel quale è precipitato.

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Segnaleeloquente il voto plebiscitario che ha confermato, per altri quattro anni, Giancarlo Abete alla presidenza della Federcalcio. Doveroso riconoscere, al personaggio, assoluta onestà e civili comportamenti, doti lodevoli che però non costituiscono una solida garanzia per il futuro. Vero anche che non esistevano alternative, e anche questo è uno dei molti aspetti inquietanti del problema. Del resto, se in cinque anni non è riuscita a darsi una guida la Lega Professionistica, che bene o male tiene in piedi, con i soldi della televisione, tutto il movimento nazionale, non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso per questa federazione imbalsamata. La conferma dei suoi vertici suggerisce qualche ricorso storico, insomma come se dopo la presa della Bastiglia i capi dell'insurrezione avessero deciso di affidare la svolta rivoluzionaria a Luigi Sedici e a Maria Antonietta, la quale avrebbe garantito al popolo quotidiane distribuzioni di brioches. Si è parlato, nelle esternazioni programmatiche, di argomenti assolutamente inediti, dalla riforma dei campionati alla battaglia contro il razzismo, dalla tolleranza zero per le scommesse, alla inadeguatezza dei nostri impianti, i più fatiscenti che il mondo civile possa esibire. Chi provasse la sensazione di averlo già visto, questo film, in originale e nelle innumerevoli repliche, avrebbe diritto al rimborso del biglietto. Doveroso il riconoscimento per Prandelli, che ha la piena fiducia del Palazzo. E pazienza se neanche il tecnico è in grado di avanzare proposte utili per un rinnovamento radicale, se le prime sue parole di commento sono state dedicate a Balotelli, invitato a seguire i consigli di Roberto Mancini. Vicino, il tecnico, all'esaurimento nervoso, dovendosi interrogare ogni giorno sulla gestione di Mario. Per tornare agli argomenti accennati, sulla riduzione della A a diciotto squadre, e già sarebbe un limite massimo, si discute da anni, ma la Serie B è una riserva di voti troppo importante per recarle disturbo, così la farsa è destinata a perpetuarsi. Sul razzismo, belle parole e fatti zero, del resto in Italia è un vizio diffuso in campi ben più importanti dello svago domenicale, o meglio dei weekend dilatati, lo spezzatino piatto indigesto. Se striscioni che farebbero arrossire qualsiasi Paese civile vengono sanzionati con multe che fanno il solletico. Se partono i Daspo che vengono puntualmente elusi. Se nessuno dei teppisti finisce in galera, come accade puntualmente in Inghilterra. Allora è inutile lamentarsi e dare la colpa a pochi imbecilli. Tutti innocenti gli altri, da chi assiste passivo alle società che per anni hanno incoraggiato il fenomeno ultras, fino a doverne subire i ricatti. Meglio glissare su tutti gli altri buoni propositi, quelli che lastricano la strada per posti insopportabilmente caldi, in attesa che siano idee nuove e passi concreti a far nascere un alito di speranza, guardiamo all'immobilismo con rassegnazione. Piccolo motivo di conforto, l'ingresso nella rappresentanza dei calciatori in Consiglio Federale di Simone Perrotta, un campione del Mondo ancora in attività, ma soprattutto ragazzo intelligente e sensibile. L'auspicio è che, nel consesso, non conti quanto il due di Coppe quando è briscola Denari.

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