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di Giuseppe Sanzotta C'era una volta un'Italia calcistica che si divideva tra Rivera e Mazzola, non tra Giaccherini e Balzaretti.

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C'eranouomini come Enrico Mattei capaci di sfidare le grandi multinazionali. Guido Carli, Agnelli, Pirelli. C'erano politici come La Malfa, Nenni, Fanfani, Saragat, Moro, Malagodi, Andreotti, Berlinguer, Craxi, Almirante. Oggi il Parlamento discute di Lusi e De Gregorio. E c'era il calcio. Il nostro era definito il più bel campionato del mondo, qui sono passati i più grandi campioni: Zico, Falcao, Maradona, Ronaldo, Van Basten, Platini, Batistuta. E oggi? Che tristezza vedere i nostri eroi arrancare contro i modesti croati. E ora tremare nell'affrontare gli irlandesi ricchi di orgoglio non certo di talento calcistico. E abbiamo tanta paura che subito, temendo una possibile esclusione dalla fase finale dei campionati europei, già ipotizziamo un «biscotto». Cioè un illecito accordo tra i nostri rivali per eliminarci. Infatti un pareggio 2-2 tra Spagna e Croazia ci escluderebbe comunque. E ora pensiamo solo a questo. Non al fatto che se i nostri superpagati e coccolati atleti avessere fatto il proprio dovere, la qualificazione ce la saremmo conquistata da soli senza nemmeno curarci dei risultati degli altri. Invece no. Il sospetto serpeggia nonostante le dichiarazioni di Prandelli. È duro ammetterlo, ma serpeggia perché in Italia ai «biscotti» ci siamo abituati. E siamo sollecitati a pensare male perché c'è una questione morale nel Paese e naturalmente nello sport più popolare. Sono trent'anni che il nostro calcio va sotto processo per scommesse clandestine, per partite truccate. Abbiamo avuto decine di calciatori squalificati, squadre retrocesse, scudetti revocati. Perfino l'intera dirigenza di un grande e vittorioso club cacciata e punita. E ora siamo alle prese con l'ennesimo scandalo tanto che perfino la Nazionale è stata interessata da un blitz e un calciatore costretto ad abbandonare la squadra. Non abbiamo l'autorità morale per ergerci a paladini di un calcio pulito. L'Europeo era un'occasione per il riscatto. Ma sul campo. Per il momento abbiamo prodotto solo parole, paure e risultati deludenti. Adesso non ci resta che vincere. Se ne siamo capaci.

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