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Ha creato una squadra vincente e spettacolare

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Quattroanni di lavoro assiduo hanno piegato la resistenza di un uomo che il proposito di abbandono aveva già espresso a Rosell in autunno, quando tutti gli obiettivi stagionali erano disponibili. Dunque la decisione non l'hanno determinata i due traguardi mancati, Liga e Champions, ma l'addio del Pep lascia sotto choc non soltanto i suoi giocatori, ma anche il resto del Gotha calcistico, che ora può intravedere qualcosa di proibitivo, cioè la possibilità di assicurarsi l'allenatore più forte del mondo, quello che insieme con i trionfi regalava a tutti momenti indimenticabili di calcio. Alla conferenza stampa di addio mancava Messi, ha confessato che troppo intensa sarebbe stata la commozione. Ma bastavano, per capire la dimensione dell'evento, le parole di Rosell, i volti impietriti di Xavi e Iniesta, il groppo in gola di Zubizarreta. Pep è stato anche soprattutto, una persona di livello umano e culturale straordinario, modo di sentire trasmesso anche ai suoi campioni, molti dei quali hanno rivolto i loro interessi a qualcosa di più nobile dei raffinati calci alla palla. Ora si apre la rincorsa, anche l'Italia si mobilita, sempre che Pep non si prenda il suo anno di relax, ma anche l'Inghilterra ha carte pesanti. Milan in prima fila, ma occorre chiedersi se sia possibile conciliare le tendenze di un vessillo dell'altera Catalogna indipendente, con un padre padrone che avrebbe la pretesa di allenare. La scelta sarà dura, per chi comunque rinuncia alla più grande risorsa possibile, quella Cantera che Pep ha promosso fondando sui giovani quattro anni di successi e di spettacolo.

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