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Il miraggio del progetto ci rovina

Luis Enrique

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L'allenatore giusto per la Roma? Woody Allen. Uno che ama ripetere: «Se vuoi far ridere Dio, raccontagli i tuoi progetti». Ora, non è che si debba arrivare al punto di far sghignazzare il Padreterno. Basterebbe non farsi spernacchiare dalla Curva Nord per due volte in una sola stagione. Peraltro, brucia dover dare ragione ai laziali: ma il loro striscione, quello che recita «c'avete er progetto come er ponte de Messina, non se realizza mai», appare più una pietosa constatazione che uno sberleffo ad uso derby. Fare piani per il futuro è il sale della vita, certo. Ma a sognare le Grandi Opere senza prima rattoppare le buche sulla strada si finisce a gambe per aria. Come accade alla sventurata retroguardia giallorossa, esposta alle scorribande di avversari che non si chiamano Real o Man United, ma Siena, Atalanta, Cagliari. Con la Lazio abbiamo sacrificato il povero Stekelenburg, costretto a una derapata kamikaze su Klose, e sopratutto il povero Juan, uno che sognava di invecchiare con i sandali Pescura ai piedi, mollemente adagiato sull'erba, e che invece (dopo aver ricevuto il foglio di via a inizio anno) si è ritrovato a intraprendere affannose rincorse a ogni contropiede, finché non si è visto saltare tutti i bulloni, le viti e le molle della gamba. Stagione finita e addio. Che diavolo di progetto ha in mente Luis Enrique, se la sua «fase difensiva» equivale a lasciare la porta di casa aperta quando vai in vacanza a Ferragosto? Questo Euclide asturiano, alle prese con geometrie che fanno vacillare la mente, questo Eraclito iberico, che finora ci ha mostrato solo frammenti del suo vertiginoso pensiero, questo Fidia spagnolo intento a disegnare splendenti e inedite architetture, insomma questo tecnico prelevato dal Barcellona B si rende conto che nel calcio italiano giocare così «alti» significa farsi infilzare come tordi? Chi crede di avere, nella rosa? Puyol e Piqué? No, deve contentarsi dei «suoi» José Angel e Kjaer, ormai: il primo sembra uno che corricchia a Villa Ada con la palla rubata a un ragazzino, e di quando in quando si volta per vedere se gli amici con il fumo e il chinotto l'hanno seguito; il secondo è di sicuro un metallaro in incognito, comprato a prezzi di realizzo a qualche raduno dell'Harley Davidson. Quando un progetto è inapplicabile, si ridisegna subito il futuro. L'anno scorso, di questi tempi, a Trigoria giubilarono Ranieri e diedero le chiavi della squadra a Montella, che in una manciata di partite dimostrò quel che valeva: infatti ora è a Catania, e rischia di finire proprio alla Lazio. Al Chelsea, i vaniloqui dello sborone Villas Boas (un altro dei fenomeni indicati da Baldini) sono stati stoppati in corsa dal paperone russo. Via subito l'asturiano: e in attesa di un «qualsiasi» Mazzarri o Guidolin o Pioli, di sicuro adesso farebbe meglio anche Woody, uno cui non manca la visione delle cose. E il senso del limite.

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