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Una piccola ma preziosa dote distrutta in otto giorni.

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Ilproblema è che adesso non c'è più tempo per riparare: salutate mestamente le due coppe, è rimasto da giocare un campionato tutto in salita. Sono dieci i punti che separano la squadra di Luis Enrique (che però deve recuperare i 25 minuti finali di Catania) dal terzo posto occupato dall'Udinese. Insomma il rischio di un finale di stagione anonimo e senza obiettivi è diventato altissimo. La società l'aveva messo in preventivo - DiBenedetto ha parlato per primo di un progetto vincente in cinque anni - l'ambiente no e l'aria attorno alla Roma è di nuovo irrespirabile. Dopo il pareggio con la Juve e le quattro successive vittorie di fila dentro e fuori Trigoria si era creata la convinzione che la squadra fosse pronta e matura per un gran finale di campionato, ma l'illusione è durata poco. Luis Enrique è tornato da Cagliari con il morale sotto i tacchi. Il suo lungo silenzio nella conferenza stampa del Sant'Elia ha avuto un impatto più forte di tante parole. Il volto tiratissimo sull'aereo nel viaggio di ritorno e la rabbia che si è portato dentro ieri a Trigoria hanno completato il ritratto di un allenatore di nuovo deluso e tradito dalla sua squadra. Prima dell'allenamento pomeridiano di ieri lo spagnolo ha tenuto il gruppo a rapporto per una ventina di minuti, senza i dirigenti. Una riunione più lunga del solito che testimonia la delicatezza del momento. «Dobbiamo reagire, cerchiamo di restare uniti» il leit-motiv del suo sermone. Ancor più importante la seconda puntata dei chiarimenti: l'allenatore è uscito dello spogliatoio e ha lasciato che fossero i giocatori a parlare tra loro. Alcuni della «vecchia guardia» hanno deciso di alzare la voce con i più giovani, invitandoli a impegnarsi di più. «Perché altrimenti tra poco i tifosi se la prenderanno con noi»: questo l'avvertimento fatto ai vari Lamela, Bojan, Josè Angel e Kjaer, responsabili secondo i più anziani di non tenere troppo alla causa romanista. E nemmeno la festicciola per il compleanno di Juan è servita a rialzare il morale della truppa:più di qualcuno, infatti, non ha gradito che la notizia della festa fosse pubblicata sul sito del club dopo le tante «chiacchiere» sulla cena della scorsa settimana. Scosse di assestamento all'interno di un gruppo pieno di giovani, con tutti i loro pregi e difetti. Ultimamente si sono visti solo i secondi:la Roma prende gol da chiunque, con la sua difesa imbarazzante e abbandonata a se stessa. Il centrocampo non la protegge, se manca De Rossi il problema diventa cronico, gli attaccanti - per stessa ammissione di Totti - non fanno il pressing che il gioco di Luis Enrique richiederebbe. Così i vari Juan e Kjaer vengono ridicolizzati sistematicamente: lo hanno fatto tutti, Ibrahimovic o un Ibarbo qualsiasi, due che in comune hanno solo le prime due lettere. Tra i terzini non ce n'è uno in rosa che dia garanzie, dall'altalenante Rosi, all'adattato Taddei fino allo spaesato José Angel. La società inizialmente aveva programmato almeno un acquisto a gennaio in quel reparto ma poi ha deciso di rinviare la questione a giugno: un altro chiaro segno di resa per la stagione in corso. A centrocampo mancano ricambi di qualità e anche l'attacco si è inceppato. Pesano l'assenza di Osvaldo, la posizione arretrata di Totti, la crisi senza fine di Bojan e l'intermittenza del giovanissimo Lamela. Baldini e Sabatini avevano messo tutto in conto ma non per questo possono ritenersi soddisfatti. Il dg continua a lanciare messaggi distensivi, peraltro poco graditi ai tifosi che ieri in coro lo hanno bacchettato per i suoi sorrisi nelle interviste di Cagliari giudicati inopportuni. Sabatini, invece, è già concentrato sul mercato di giugno e ha chiari in mente gli obiettivi. C'è da aspettarsi un'altra mini-rivoluzione, ma stavolta salterà anche qualche testa nuova.

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