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Assolto Carlino, nessun colpevole per Pantani

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L'ultimopresunto «pusher» finito a giudizio per la morte di Marco Pantani, condannato dal Tribunale di Rimini e poi dalla Corte d'Appello di Bologna a quattro anni e mezzo di reclusione (oltre a 19 mila euro di multa e 300 mila euro di risarcimento per i familiari del «Pirata»), è stato pienamente assolto dai giudici della Cassazione perché «il fatto non costituisce reato». Nei primi due gradi di giudizio Carlino, accusato di aver fattivamente collaborato con l'amico Fabio Miradossa e Ciro Veneruso nell'ultima cessione di cocaina a Pantani, era stato condannato per spaccio e morte come conseguenza di altro delitto. Nella requisitoria di mercoledì scorso, il sostituto procuratore della Cassazione Oscar Cedrangolo ha invece messo in evidenza la mancanza di prove a carico dell'imputato, parlando di spettacolarizzazione del processo e chiedendo la conferma del solo reato di spaccio. I giudici della Cassazione sono andati oltre la richiesta, prosciogliendo Carlino da ogni accusa. «Un verdetto equilibrato» secondo gli avvocati del leccese, ex titolare di un'agenzia di ragazze immagine a Rimini. «È la fine di un incubo - ha dichiarato Carlino - adesso i media devono smetterla di considerarmi un pusher». E così dopo Miradossa e Veneruso, che avevano scelto di patteggiare la pena ma dopo pochi mesi di reclusione avevano beneficiato dell'indulto, il processo sulla morte di Pantani si chiude senza colpevoli. «È una vergogna - ha commentato Tonina Belletti, mamma del "Pirata" scomparso nel 2004 - non c'è giustizia, quanto accaduto è incredibile: in Italia si possono rovinare le persone e poi farla franca. Io non mi abbatto, ma dentro di me c'è una tristezza enorme». «Prima hanno distrutto Marco - ha dichiarato Paolo, il papà di Marco - e ora vogliono distruggere anche noi. Dietro questa tragedia c'è qualcosa di poco chiaro: tutti sanno come sono andate le cose, chi è responsabile della morte di nostro figlio, ma non riusciamo a ottenere giustizia. Comunque io tengo duro, da lassù Marco ci dà la forza».

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