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L'ultimo errore di un'estate illogica

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Adessoche ha ottenuto ciò cui disperatamente anelava da un anno e mezzo - l'allontanamento del miglior giocatore a sua disposizione - Reja deve dimostrare che davvero tutti i mali della squadra nascevano da lui, da Zarate. È cioè chiamato a vincere almeno un derby dopo averli persi tutti (compresi quelli contro una Roma a pezzi). È chiamato a far meglio del (peraltro disastroso, visto che a non molte giornate dalla fine era addirittura secondo) quinto posto del 2010-2011. Ed è soprattutto chiamato a non farci più uscire dallo stadio furibondi anche in caso di vittoria, causa la penosa assenza di gioco. Se tutto questo avverrà, la cessione di Zarate resterà iniqua per un solo motivo: l'avercelo ancora in mezzo ai piedi in Italia, dove una sua possibilissima esplosione si ritorcerebbe due volte come un boomerang sulla Lazio, sia perché beneficerebbe un'avversaria diretta sia perché avrebbe devastanti riflessi ambientali. È vero che sinora tutti i presunti «fenomeni» che hanno lasciato Formello hanno clamorosamente fallito (da Behrami a Kolarov passando per Pandev e De Silvestri), ma è anche vero che le straordinarie doti dimostrate nel corso della sua prima stagione italiana, quando lo allenava uno che ama il bel calcio, non possono essere svanite, per cui Maurito, sotto la guida di un tecnico che non lo odia e non lo boicotta, ha tutte le possibilità per tornare a essere quello che era. Insomma, sebbene il divorzio fosse inevitabile fin dal momento dell'inspiegabile conferma di Reja, stavolta Lotito ha commesso un grosso sbaglio, perché prima non ha saputo venderlo bene, e poi, una volta deciso di svenderlo per accontentare il permaloso tecnico friulano, avrebbe almeno dovuto mandarlo all'estero. Tutta la campagna acquisti biancoceleste è d'altronde stata sbilenca e priva di filo logico, un po' come gli schemi di Reja. Passi per due ex star sul viale del tramonto come Klose e Cissé, che a breve termine potrebbero anche dare un buon contributo, ma per il resto sono arrivati giocatori anzianotti e chiaramente inutili, che non trovato spazio in prima squadra e forse non lo troveranno mai, neppure quelli inverosimilmente pagati a caro prezzo. Oggi la Lazio è una delle squadre più vecchie del campionato e il monte-ingaggi è cresciuto molto più di quanto sia cresciuta la qualità globale dei giocatori. Il contrario di quanto aveva sempre sostenuto di voler fare Lotito, un ribaltone strategico e anche - mi si consenta - etico che contraddice anni e anni di prediche e filippiche presidenziali. Aver rinunciato alla linea di azione e ai valori tanto decantati mi indispettisce ancor di più quando confronto l'operato di Lotito, Tare e Reja con quello della nuova Roma, che, sia pur con qualche contraddizione, ha puntato forte sui giovani e sul bel gioco, dando carne e sangue proprio a quegli ideali tipicamente biancocelesti cui invece, purtroppo, la Lazio ha rinunciato. Il cielo non voglia che i giallorossi vincano altri due derby e tornino a spezzarci le reni anche in classifica. Non credo che potremmo passarci sopra un'altra volta...

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