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Vi presento la mia Roma

Luis Enrique in campo

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È già la sua Roma. Il ritiro è appena iniziato, non c'è ancora un nuovo acquisto, eppure Luis Enrique è riuscito a far intravedere i primi raggi di luce. Dieci gol e venticinque minuti del calcio che vuole: non si poteva chiedere di più al primo test contro la selezione di Brunico. La nuova impronta balza subito agli occhi, così come il carattere forte del tecnico. Il giovane Caprari gioca dall'inizio, Menez e Vucinic stanno in panchina: la prima scelta parla chiaro e Luis Enrique rafforza il concetto al termine dell'amichevole. «Per me - spiega - non conta l'età dei giocatori, mi interessa il rendimento. I giovani che sono qui li ritengo all'altezza della Roma». Non sembrano parole di circostanza. Altro indizio? A domanda su Vucinic preferisce parlare degli altri ragazzi portati in ritiro, «tutti bravi, complimenti ad Alberto De Rossi». Oltre a Taddei in versione positiva da terzino, Caprari (per lui un gol all'attivo) e Antei sono gli unici ad aver giocato novanta minuti, nella ripresa spazio a Viviani, Verre (anche loro a segno) e Crescenzi, Bertolacci non ha giocato solo perché infortunato. Mercoledì arriva Josè Angel, presto Bojan, più in là Lamela e chissà quanti altri giovani: la Roma guarda al futuro. Intanto anche i «vecchietti» sembrano aver assimilato le prime lezioni Luis Enrique. L'azione del primo gol racchiude tutto quello che vuole il tecnico: scambio stretto Totti-Pizarro, apertura per il redivivo Cicinho, dribbling e cross rasoterra, gol del capitano. Come nei due anni precedenti, è sempre Totti ad aprire la stagione del gol a Riscone, con in più un fisico già tirato a lucido. Borriello parte alla sua destra ma da lì vede benissimo la porta e infatti segna una tripletta: il primo in rovesciata. «Marco spostato di ruolo? No - replica l'allenatore - ha giocato in attacco e ci metterei la firma perché ripetesse sempre questa prestazione. Le posizioni in campo non sono fisse, l'importante è che la squadra giochi sempre un calcio armonioso». Le caratteristiche del 4-3-3 di Luis Enrique sono subito evidenti: terzini molto alti e il «volante» De Rossi schiacciato all'indietro sui centrali difensivi. Passaggi corti, sempre rasoterra, finché il ritmo resta alto sembra di assistere a una partita di calcetto. Con De Rossi padrone delle operazioni a centrocampo. «Per me - dice il tecnico - lui è indispensabile. Lo conoscevo come giocatore, ora sto scoprendo la persona: è un ragazzo incredibile, un campione del mondo che si comporta come un Primavera». Guai a venderlo, quindi. La partita di ieri conferma invece quanto siano fuori contesto Vucinic e Menez. Luis Enrique preferisce non infierire, «mi stanno piacendo e ho un buon rapporto con loro», ed è tenero anche con Rosi dopo il rigore finale buttato via con un inutile «cucchiaio». «Ci ho parlato e si è scusato, l'importante è rispettare sempre l'avversario. Comunque il rigorista lo deciderò io: Totti li tira bene». Con i tifosi sembra amore a prima vista: ieri hanno dedicato il primo striscione in spagnolo al tecnico, con scritto «Trabajo e sudor», lavoro e sudore. Lui lo legge e insieme all'autografo aggiunge: «.... e buon calcio». «Mai visto gente tanto attaccata alla squadra - racconta - sono esigenti ma è giusto perché la Roma è una grande squadra. Noi dobbiamo conquistare la loro fiducia e renderli orgogliosi. La frase che mi stanno dicendo più spesso è: "falli corre!". E io aggiungo: devono giocare bene a calcio. Ci vorrà tempo, siamo come un bambino attaccato al biberon». La creatura cresce bene.

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