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Si riparte dalle vecchie certezze

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Alimobili, il ritorno del kers, il debutto delle gomme Pirelli, eccetera: una marea di novità che, sulla carta, avrebbero dovuto rimescolare le carte e rilanciare lo spettacolo della F1 all'insegna dell'equilibrio e dell'incertezza. Invece le primissime prove sembrano aver confermato quel che già i test invernali avevano suggerito: che, cioè, il Campionato che comincerà domani mattina alle otto, quando noi staremo bevendo il cappuccino ma sulla pista di Melbourne incomberanno le prime ombre di un pomeriggio autunnale, sarà più o meno la copia conforme di quello conclusosi il 14 novembre scorso con il sacrosanto trionfo di Sebastian Vettel e della Red Bull Renault. Anche se nel momento in cui scrivo le qualifiche non si sono ancora disputate e dunque non so quale sarà l'ordine di partenza del G.P. d'Australia, l'impressione nettissima è che le Red Bull 2011 vadano forte come quelle 2010; che la Ferrari F 150 sia la gemella della F10 e come lei non riesca a mandare in temperatura le gomme se non dopo qualche giro, col risultato di disputare qualifiche così così e di prendere il ritmo giusto in gara solo quando ormai è troppo tardi; che il rendimento delle scorbutiche McLaren dipenda quasi esclusivamente dagli estri del suo fortissimo pilota Hamilton; che gli altri team siano destinati a recitare il ruolo dei comprimari. Se queste impressioni corrispondessero alla realtà, per poter tornare a vincere il Mondiale dopo quattro anni la Ferrari deve perciò sperare nella concomitanza di due fattori. Uno: che il secondo pilota della Red Bull, Mark Webber, riesca nuovamente a impensierire il suo capitano Vettel e che la Red Bull continui a lasciare i suoi piloti liberi di scannarsi l'un con l'altro, replicando una strategia che l'anno scorso sarebbe stata suicida se Chris Dyer e Fernando Alonso non si fossero esibiti nel leggendario harakiri di Abu Dhabi. Due: che lo stesso Alonso non ripeta i cinque-sei erroracci commessi nella prima metà del 2010 e si guadagni finalmente la profumatissima pagnotta ferrarista, senza peraltro dover sacrificare niente sull'altare delle manie di grandezza che, purtroppo, Felipe Massa sembra continuare a nutrire (voglio dire che a Maranello qualcuno dovrebbe finalmente spiegargli come il suo compito debba essere quello di rubare punti agli avversari e non al compagno di squadra...). Insomma, sotto al sole non c'è niente di veramente nuovo se non, come abbiamo ampiamente spiegato nei giorni scorsi, la prospettiva di gare incasinate dalla girandola di pit stop resi necessari dalla rapidità con la quale si deteriorano le gomme dell'esordiente Pirelli, e la curiosità di vedere e capire cosa può succedere sui rettifili quando i piloti potranno tentare il sorpasso appiattendo l'alettone posteriore e azionando il kers. Si tratta di novità che imporranno ai team una gestione ancor più sofisticata delle strategie di gara e una maggior capacità di improvvisazione. Per cui non credo equivalga a sparare sulla croce rossa dire che, da questo punto di vista, la squadra che ha maggior probabilità di progredire è proprio la Ferrari, che, dopo aver spedito Dyer a lavorare dall'altra parte della strada, nella fabbrica delle granturismo, ha messo a capo delle operazioni di pista l'ex McLaren Pat Fry e ha affidato la gestione delle strategie all'ex Red Bull Martin. Una campagna acquisti poco mediatica ma molto sensata, com'è nello stile di Stefano Domenicali, l'ex-ragazzo al quale Luca di Montezemolo ha affidato il compito di ritornare là dove l'avevano portata Todt e Schumacher pur spendendo la metà dei soldi che spendevano quei due.

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