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«Ci avete stufato»

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MatteoDe Santis Giocatori ingrati, allenatore da esonerare e società dormiente. Ecco servito, davanti ai cancelli di Trigoria, il giovedì del tifoso tradito. Inizio poco dopo le 10, fine della rappresentazione alle 16 passate. Venti contestatori che diventano trenta, quaranta e toccano il picco all'ora di pranzo intorno ai cinquanta. I primi segnali del malcontento popolare sono un paio di scritte («Senza palle», «Mercenari indegni») sui muri e uno stendardo («Fuori le palle»). Il passaggio dalle scritte a un mix di fatti e parole è breve: passeggiatina per dieci tifisi fino a una delle entrate secondarie con lancio di un paio di petardi all'interno del recinto e interpretazione dei tradizionali canti da contestazione come «Andate a lavorare», «La nostra fede non va tradita, mercenari» e «Tifiamo solo la maglia». Una camionetta e un elicottero della Polizia tengono sotto controllo la situazione. I tifosi delusi vorrebbero un confronto chiarificatore con qualche giocatore e/o dirigente. Stavolta, al contrario di domenica scorsa, non è possibile. I contestatori, allora, non possono fare altro che aspettare. Alle 13.50 un primo drappello di calciatori varca il cancello verde di Trigoria. Ci sono i fratelli Burdisso, c'è Julio Sergio, c'è l'applauditissimo Castellini, ma chi si ferma ad ascoltare per qualche minuto le ragioni dei tifosi sono Cassetti e De Rossi. Il primo ammette, promette e giustifica: «Siamo i primi ad essere dispiaciuti e dobbiamo reagire. I fischi dell'altra sera sono stati meritati». Il biondo di Ostia, invece, riceve un'esortazione, «tirate su la testa», e annuisce. Il dibattito, successivamente, coinvolge anche il team manager Scaglia. Poi è il turno di Rosi. Un tifoso gli chiede se va tutto bene nello spogliatoio, la risposta sta tutta in un'epressione: «ehh...». A seguire Borriello: «Non è un discorso di singoli ma complessivo, c'entro anche io visto che faccio parte del gruppo». Tre interlocutori, però, cambiano i toni della discussione: «Tornatene a Napoli»; «Noi perdiamo e tu vai a ballare in discoteca». Un paio di manate e qualche calcetto raggiungono la vettura di Borriello e piegano uno specchietto. Meglio, allora, finirla qui. Dopo è il turno di Totti: «Capità, siamo con te», «Lo so, lo so». Subito dopo del pacifico assedio a Mexes: «Il problema non è l'allenatore, siamo noi. Contro lo Shakhtar abbiamo lottato fino alla fine. Se vado al Milan? No, adesso vado a casa. Questo è un periodo nero, vedrete che passerà». Menez, invece, tira dritto e non si ferma. «Vattene codardo», gli urlano un paio di contestatori arrabbiati. Gli ultimi irriducibili picchettano Trigoria fino alle 16: un paio di cori anti-Ranieri e altrettanti pro-Montella. Escono Fiorentino e Rosella Sensi, i vetri scuri delle due vetture non si abbassano. «A Rosè, dicce se hai rimandato Ranieri a San Saba», la presidente non risponde. Tutti a casa.

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