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La caduta del mito

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Michael Schumacher

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Non è uno sport per signorine, questo è ovvio. La storia della Formula 1 è piena di gentiluomini amati da pubblico e colleghi ma con la casella dei successi tristemente vuota. Al contrario, tante «canaglie» che non avrebbero esitato un attimo a spalmare gli avversari su un muretto se ne sono andate in pensione cariche di allori. Schumacher, da questo punto di vista, non è stato certo l'unico. Ayrton Senna, per fare un esempio, fuori dalla pista si distingueva per attività di beneficenza ma sull'asfalto non aveva pietà di nessuno, chiedere lumi ad Alain Prost. Per non parlare di Lewis Hamilton, che tra zigzagate per non farsi superare e illeciti raramente puniti si è guadagnato il titolo poco invidiabile di pilota più odiato dai colleghi. Il fatto è che in F1, come in tanti aspetti della vita, il fine giustifica i mezzi. In più, i successi tendono a oscurare le nefandezze. Ma quando i primi scarseggiano e le seconde abbondano, allora anche un (ex) campione come Schumi finisce nel mirino della critica. Ieri il tedesco ha chiesto scusa a Barrichello dal proprio sito internet per la manovra che, sul rettilineo di Budapest, per poco non costava carissimo ad entrambi: «Dopo aver rivisto le immagini mi sono reso conto si aver chiusto la strada un po' troppo duramente». Una retromarcia pressoché totale rispetto a quanto affermato domenica, quando aveva dato del piagnone al brasiliano che «non cambierà mai e vede sempre le cose a modo suo». La correzione di rotta è stata ispirata dalla pena inflitta al tedesco dai commissari di gara (10 posizioni indietro sulla griglia di Spa), dalle critiche in patria (la «Bild», storica sostenitrice, lo ha invitato a vergognarsi), dalla Fia di Todt (Schumacher è pur sempre il testimonial principale della campagna sulla sicurezza stradale) ma soprattutto dai vertici Mercedes, stanchi di vedere l'uomo che avrebbe dovuto essere il simbolo del rilancio coprirsi di ridicolo. Non è un caso che, negli ultimi spot televisivi del colosso tedesco, il volto squadrato dell'ex fuoriclasse sia stato rapidamente eliminato. Ma ora in Mercedes ci si trova davanti a un dilemma ancora più grande: cosa fare del Kaiser a fine stagione? Il contratto prevede altri due anni, la logica vorrebbe che qualcuno gli chiedesse di farsi cortesemente da parte prima che la sua reputazione sia totalmente compromessa. Magari ricordandogli cosa dice il poeta: meglio non tornare mai nel posto in cui si è stati felici.

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