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Nuova frontiera per tutto il nostro sport

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Hapreso una manciata di terra e ne ha fatto un reperto da conservare assieme alle scarpe chiodate di Ondina, di Claudia, di Sara e di Gabriella, agli sci di Deborah e di Stefania, ai tatuaggi di Federica, alle pagaie di Josefa e al fioretto di Giovanna e Valentina. C'è un gotha, in ogni vicenda umana. Nello sport, la regola è immutabile: contano i risultati, contano l'originalità, le occasioni e il modo di interpretarle. Contano le prime volte. Fu il caso di Ondina Valla, quando sul traguardo degli 80 ostacoli ai Giochi di Berlino del '36 scoprì d'essere la prima olimpionica italiana. Accadde due anni dopo, a Vienna, quando Claudia Testoni incise il proprio nome ai vertici continentali della stessa specialità e subito dopo al primato mondiale. Accadde ancora in atletica in tempi più recenti, e s'era nel 1978, con la signora dei cieli Sara Simeoni, prima ad elevare il proprio corpo oltre il tetto dei 2.01 nell'alto, consacrando poi, due anni dopo, il suo mirabile primato con la conquista olimpica nello stadio di Mosca ed aprendo la strada all'affermazione che Gabriella Dorio avrebbe incontrato nell'84 sulla pista di Los Angeles. Vittorie nella più cosmopolita delle discipline. Mancava, all'Italia, il resto. Per fare lo sport azzurro plurale, producendo ricchezze inconsuete e cancellando la retorica della fragilità antropologica dello sport italiano tradotto al femminile, sarebbero venute le nevi di Bormio e del cuneense a produrre l'epifania agonistica di Deborah Compagnoni e di Stefania Belmondo nel decennio d'oro compreso tra l'Olimpiade di Albertville del '92 e Salt Like City del 2002, passando attraverso i trionfi di Lillehammer e di Nagano e consacrando alla storia dei Giochi la fenomenale semplicità di Deborah e la vocazione ascetica dello scricciolo di Vinadio. Il passaggio del secolo recava poi dalle acque di Sydney la buona novella di una mamma, Josefa Idem, capace di far entrare la canoa nelle case degli italiani. Erano gli stessi tempi in cui s'affermava sulle pedane la foga di due ragazze cresciute a Iesi sotto la scienza di Ezio Triccoli, Giovanna Trillini e Valentina Vezzali. In contemporanea con la piena maturità delle schermitrici, iniziava l'ascesa nelle acque internazionali di Federica Pellegrini. È toccato ieri, alla terra rossa di una Parigi insolitamente prodiga di tifo per un nostro rappresentante, aprire una nuova frontiera allo sport italiano.

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