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Enrico Tonali Dieci giorni prima del Derby 1997 l'ippica perse la voce.

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«Alui il mondo delle corse deve molto» ricordò "La Gazzetta dello Sport" la sua scomparsa, «soprattutto l'alfabetizzazione di una parte di quel pubblico che mai sarebbe entrato in un ippodromo o in un recinto d'equitazione senza la sua voce. Per primo ci ha parlato di incollatura, di sulky, di cambio d'azione, di briglia e di martingala, di terreno pesante, di oxer e di doppia gabbia, di fotofinish. Termini entrati nel linguaggio di tanti sport». L'anno successivo, il 1998, il ricordo del giornalista che per primo all'Eiar - l'ente radiofonico italiano che poi divenne Rai - fece nel 1945 la radiocronaca di una corsa, era ancora struggente e l'Unire (l'unione nazionale che soprassiede al mondo dei cavalli in cui Giubilo aveva lavorato per molto tempo) e l'ippodromo di Capannelle decisero di dedicargli un premio di galoppo, girando a suo nome il Criterium di Roma, una giovane corsa (era nata nel 1993) per cavalli giovani che da allora si è confermata un appuntamento di spessore, riservato ai puledri «maschietti», trampolino di lancio per giovani promesse dello sprint. Nell'ippica Alberto Giubilo esplorò tutti settori, dalla radio alla tv, dagli uffici stampa al cinema. La carta stampata fu uno dei suoi reami più seguiti dal pubblico dei cavalli, tanto che nel 1995 l'Ussi (Unione Stampa Sportiva Italiana) gli assegnò il suo premio più prestigioso, «Una Penna per lo Sport», dedicato alla carriera di reporter. Laureato in Giurisprudenza, Giubilo fu per oltre un trentennio capo dell'Ufficio Stampa dell'Unire, ma intanto aveva fondato nel 1948 - con il fratello Giorgio, presidente della Federazione Atletica Pesante - il periodico ippico «Il Turf», collaborando prima con «Il Popolo di Roma» e infine con «Il Tempo», il cui fondatore Renato Angiolillo era un appassionato, un vero «cavallaro», proprietario della scuderia Don X (giubba bianca e berretto rosso) che metteva ai suoi puledri i nomi delle rubriche (celebre fu Elzeviro) del quotidiano di Piazza Colonna. «Uno dei suoi ultimi campioni si chiamava Disco Rosso», ricorda Gianfranco Giubilo, suo fratello e firma storica del nostro giornale, «negli Anni Cinquanta il lavoro di redazione iniziava tardi, perciò con Angiolillo in testa ci trasferivamo il primo pomeriggio a Capannelle per le corse». Spesso al ristorante dell'ippodromo con lui si discuteva dei problemi più importanti, rammentava recentemente Gianni Letta, suo successore nella direzione de «Il Tempo». «Alberto era già una leggenda del giornalismo sportivo, un elegante e distaccato patriarca, aveva sessant'anni suonati, ma continuava a chinarsi per ore su un grande foglio sul quale aveva disegnato personalmente le 20 giubbe colorate dei fantini che avrebbero animato la sua telecronaca. Poteva essere in albergo o sul metrò diretto all'ippodromo, ma niente lo distraeva mentre recitava quei nomi socchiudendo gli occhi: cavallo, fantino, scuderia, proprietario. Giubilo si preparava così ogni volta, scrupolosamente, per mandare a memoria il campo dei partenti», scriveva Sandro Cepparulo rievocandolo su «La Gazzetta dello Sport». L'anno scorso durante la consegna del Premio Alberto Giubilo, il presidente di HippoGroup Capannelle Enzo Mei sottolineava: «Come maestro di stile e sapienza ippica era insuperabile. Quando mio padre Tullio - allora direttore dell'ippodromo di Via Appia - decise nel 1960 di promuovermi a speaker delle corse, chiamò Giubilo a farmi l'esame di dizione».

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