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Gli incontri del Pietrangeli trasmessi in 3D

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Il3D non ha raggiunto una tale somiglianza alla realtà, in questo momento è ancora una tecnologia agli albori come potevano esserlo i telefonini di 15 anni fa. Quelli che costringevano ad acrobazie improbabili pur di ritrovare il campo perduto. Eppure, dalla prima sperimentazione di riprese tridimensionali per un incontro di tennis qualche insegnamento lo si può trarre. Il più importante è che non si può ambire a cambiare le abitudini dei telespettatori radicate da decenni intervenendo solo sul prodotto finale. Ieri sono stati trasmessi in 3D nello spazio Fit all'interno del villaggio ospitalità tutti gli incontri disputati sul campo Pietrangeli. L'appassionato curioso era accolto da avvenenti hostess che subito gli davano i famigerati occhialini di carta e lo accompagnavano nella «sala proiezione». La prima reazione di fronte alle immagini che scorrevano sullo schermo era quella di togliersi gli occhiali per controllare se effettivamente funzionassero. Fortunatamente c'era un addetto che spiegava come fosse difficile accorgersi del 3D con un'inquadratura come quella classica del tennis, alle spalle di una giocatrice. Questo perché per apprezzare la profondità delle immagini tridimensionali c'è bisogno di un elemento in primo piano e di uno sfondo più distante. Tutto quello che era possibile godersi invece nei cambi campo. Ma il tennis non è fatto solo di cambi campo, quindi l'appassionato curioso resisteva nello stand Fit al massimo per 10 minuti. Dopo i quali, con l'aria anche un po' imbarazzata di chi non sa adeguarsi al progresso, usciva trafelato e tornava sugli spalti veri e propri. Dove, con la possibilità di scambiare commenti con gli altri spettatori e gli ambigui gridolini delle tenniste, il piacere del tennis tornava sublime. Car. Sol.

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