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«Porterò sempre la Ferrari nel mio cuore, anche se adesso siamo rivali in pista

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Sonofelice che la separazione sia avvenuta in modo così armonioso e che resteremo amici anche in futuro». Il tributo a quella che è stata la sua «famiglia» per 14 anni - parole del tedesco - Michael Schumacher l'ha affidato a una breve lettera pubblicata nel pomeriggio di ieri sul suo sito internet. In mattinata, durante la conferenza stampa in cui la Mercedes ha annunciato il ritorno del sette volte iridato alle corse, l'unico accenno alla Rossa era stato un semplice «lasciare Maranello è stata una decisione complicata». Difficile pretendere di più, specie se l'incontro con i giornalisti si tiene a Berlino e sembra avere tutti i crismi di una celebrazione dell'orgoglio teutonico. Sì, perché se in Italia il passaggio di Schumacher alla Mercedes - diventato ufficiale ieri dopo un mese di indiscrezioni - è stato considerato alla stregua di un tradimento, in Germania è visto piuttosto come un ritorno a casa. Perché Schumi, ai tempi dei kart, la sua carriera di pilota l'aveva cominciata proprio col Mercedes junior team. E il sogno del colosso tedesco negli ultimi 15 anni è stato sempre quello di riportarlo all'antica casa madre. Tre anni di contratto, sette milioni di euro a stagione. Le cifre, oltre ad essere aride e probabilmente imprecise - il tedesco guadagnerà almeno il triplo - non aiutano a comprendere cosa significa il ritorno di Schumi per la Formula Uno. Da un lato c'è uno sport in crisi, con l'audience tv in calo e la fuga di sponsor e grandi marchi, dall'altro uno dei piloti più grandi del circus, secondo forse solo a Senna, che decide di venire in soccorso del suo mondo, rilanciare con un suo solo sì un sistema che sembrava avvitarsi su se stesso. L'obiettivo di Schumacher non è certo questo. «Sono tornato per vincere, sono sicuro che avremo una macchina molto competitiva», ha detto il tedesco, e da uno come lui difficile aspettarsi iperboli o voli pindarici. Ma il circus deve ringraziarlo comunque, perché una scossa del genere non avrebbe saputo provocarla nessun nuovo cambio regolamentare. Fin qui il business, poi però ci sono i sentimenti. Specie quelli di un mondo ferrarista che, nel corso di 14 anni, aveva imparato ad amare alla follia un pilota che, per serietà, carattere e lingua di italiano aveva ben poco. «Da oggi è un avversario, e come tutti gli avversari proveremo a batterlo», è stato lo scarno commento di Luca Colajanni, responsabile della comunicazione di Maranello che, come Montezemolo, fatica a nascondere l'amarezza. In realtà, la Rossa si sgrava di uno stipendio pesante ed evita ipotetici problemi di convivenza ai box con Alonso, ma sarebbe stato meglio questo piuttosto che vedere l'ex idolo di casa alleato con i rivali tedeschi. Come cambiano le cose in pochi anni. Nel 2004 Jean Todt e Ross Brawn si abbracciavano al muretto della Rossa mentre Schumi conquistava l'ultimo titolo iridato della carriera. Adesso il primo è presidente della Fia e gli altri due pezzi della «triade» formano insieme gli avversari più temibili per il 2010. Toccherà ad Alonso scacciare i fantasmi del passato e dimostrare che Schumi, oltre a essere un grande pilota, vinceva anche e soprattutto grazie a una macchina monumentale. Fernando ha la stoffa ma forse, al momento della firma, neanche lui poteva immaginare che il compito sarebbe stato così duro.

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