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Anche Portogallo e Grecia hanno stadi migliori dei nostri

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Unfinale monco, senza tante partite rinviate per neve e ghiaccio. Specchio fedele di un Paese che, alla prima ondata di freddo si paralizza. Dai supertreni veloci che dovrebbero rendere più facile il Natale a chi deve muoversi per la penisola agli stadi che, mai come in questa occasione, ribadiscono la loro inadeguatezza. Il «Franchi» di Firenze, che solo 19 anni fa era stato ristrutturato - è chiaramente un eufemismo - per il popolari mondiali di calcio del 1990, ha visto il paradosso di un terreno di gioco agibile, ma di tribune gelate e dunque, a rischio per la sicurezza degli spettatori. Per carità, decisione saggia se letta in questa direzione, anche se presa - all'italiana - solo all'ultimo minuto, quando, in pratica, la frittata era fatta: con tutti, ma proprio tutti, pronti a muovere per la gara clou dell'anticipo dell'ultima giornata di campionato in serie A di quest'anno. Non solo. Questa ondata di gelo e di disorganizzazione ha lasciato spazio anche alle polemiche. Perché tra le pieghe di strade gelate, ferrovie bloccate e neve che si trasforma in ghiaccio, si assiste anche al Genoa che chiede e ottiene il rinvio della partita col Bari. Stesso, in pratica, motivazione di Firenze, con l'aggravante - adombrata dai pugliesi - che questo rinvio fosse benedetto da una squadra che aveva giocato - e perso - solo giovedì scorso contro il Valencia nell'Europa League. Insomma, oltre all'immagine di inadeguatezza dei nostri impianti, anche il tarlo micidiale che qualcuno, come si dice a Roma, ci abbia pure «marciato». Una cartolina conclusiva del 2009 per il nostro pallone, che rimanda frettolosamente al vero problema, annoso, dei nostri impianti. Tutti in Europa, ma proprio tutti, ci hanno superato. Paesi come Portogallo e Grecia, che fino a dieci anni fa erano il fanalino di coda in fatto di stadio, adesso hanno stadi moderni, funzionali, sicuri. Noi, che non siamo capaci nemmeno di farci dare l'organizzazione dei prossimi Europei - battuti da Polonia e Ucraina, il punto più basso della nostra politica sportiva e calcistica in particolare - tiriamo a campare. Sperando solo in progetti - come quelli presentati da Roma e Lazio, tanto per essere chiari - che puzzano di speculazione bella e buona, paralizzati da leggi che non risolvono l'anno problemi di chi debba fare cosa e come. Si va avanti così: con i presidenti che sognano impianti irrealizzabili e con le autorità che si rimbalzano le responsabilità, nell'immobilità più totale. Fino alla prossima nevicata. Che bloccherà le città e dunque, con perfetta coerenza italica, anche gli stadi. I cui frequentatori verranno avvisato all'ultimo momento. Alla ricerca di una data buona per il recupero e, ovviamente, di un sole capace di cancellare tutte queste magagne non certo degne di un Paese cosiddetto moderno.

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