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Unicredit-Italpetroli ormai è guerra totale

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Altra giornata all'insegna del caos mediatico per quanto riguarda Italpetroli, controllante della As Roma e Unicredit con la quale il gruppo ha un debito di 324 milioni di euro. Il botta e risposta continua e si è passati ormai alal fase due: è guerra fredda. Dopo lo sfogo del presidente giallorosso Rosella Sensi, che aveva definito un «linciaggio mediatico» le indiscrezioni uscite (fonte Unicredit) sulla invalidità del bilancio, ieri altra giornata di fuoco. Allo sfogo della Sensi è arrivata la risposta di Unicredit che lascia poco spazio a interpretazioni. «La situazione è semplice - recita il portanvoce del gruppo bancario - esistono un creditore e un debitore. Se si vuole onorare il credito, noi ci aspettiamo proposte concrete di definizione di questa annosa vicenda, in relazione a tempi e modalità». Come dire, se volete pagare noi siamo qui... fatelo. E la cosa non prevedeva nemmeno l'ipotesi, ventilata più volte, di una ridiscussione delle scadenze: «Le azioni avviate non possono essere interrotte» ha fatto sapere Unicredit. Finita? Macchè. E nel primo pomeriggio arriva la controreplica di Italpetroli secondo la quale i contratti di finanziamento di Unicredit a Italpetroli «prevedono espressamente che i crediti della banca non sono oggi esigibili» e che «ogni controversia è sottoposta ad arbitrato», che è stato attivato da Italpetroli. E secondo fonti vicine allo stesso Gruppo tuttii decreti inguintivi sarebbero stati rigettati dal giudice competente. È la volta di Unicredit che non ci mette molto a controreplicare di nuovo perchè, secondo la banca, una volta ricevuta da Italpetroli la richiesta di apertura di arbitrato, il giudice ha «ritenuto di dichiararsi incompetente» e lasciare la questione al lodo arbitrale, senza che questa decisione abbia «fatto venir meno alcun diritto alle ragioni di credito vantate dalla banca». E non è finita, perchè Unicredit va giù dura: «Le iniziative assunte e che saranno assunte in futuro costituiscono un doveroso esercizio dei propri diritti finalizzato a rientrare di una considerevole esposizione creditoria», anche perchè in passato «l'istituto ha per lungo tempo ricercato soluzioni bonarie che, sfortunatamente, non hanno prodotto gli esiti sperati». E la rottura dell'accordo di rinegoziazione del debito, prosegue ancora la banca, «non è un pretesto formale», ma nasce da una clausola di recesso prevista nel contratto stesso. E che presumibilmente sarà oggetto di contestazione anch'essa in sede di lodo arbitrale. Ormai è guerra totale!

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