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Alonso e Todt le speranze per il futuro

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L'immensoparco dei divertimenti realizzato ad Abu Dhabi in onore della Ferrari scintilla nella notte come un meraviglioso gioiello tempestato di pietre multicolori, mentre il popolo del circus della F1 lo abbandona per tornare a casa dopo otto mesi trascorsi in carovana, portandosi dietro il solito fardello di stanchezza mista a felicità per alcuni e a rimpianto per gli altri. Un addio degno di una stagione che le uniche cose belle ha saputo offrircele sul teleschermo grazie ai fantasmagorici circuiti realizzati dai nuovi ricchi e alle telecamere in alta definizione montate sugli elicotteri. Il marketing ha fatto miracoli, ma il bilancio della stagione è tuttavia fallimentare da ogni punto di vista. È fallimentare dal punto di vista sportivo, perché i titoli mondiali sono andati a un pilota, Button, che è poco più di una mezza calzetta e a una squadra che, balbettando per tutta le seconda metà del Mondiale, ha confermato di aver costruito la propria iniziale superiorità soltanto sulla furbizia e sui favoritismi di cui ha goduto (sono pronto a scommettere che nel 2010 la Brawn GP non vincerà neppure una gara). È fallimentare dal punto di vista dell'immagine, perché la scandalosa gestione della Fia da parte di Mosley ed Ecclestone, le liti in piazza con i team e fra i team, le corse truccate, i processi hanno trasmesso al mondo soltanto messaggi intrisi di negatività. Ed è fallimentare dal punto di vista commerciale, perché le tribune dei circuiti sono rimaste quasi dappertutto vuote, le audience televisive sono crollate, gli sponsor sono scappati e persino i grandi costruttori se ne stanno andando (Honda e Bmw l'hanno già fatto, e ora si teme la fuga della Toyota o quella della Renault, o, addirittura, di tutt'e due). Le meravigliose immagini di Abu Dhabi, insomma, hanno tutta l'aria essere pubblicità ingannevole, il mirabolante «packaging» di un prodotto avariato. Sta adesso alla nuova Fia di Todt, alla Ferrari di Alonso e ai costruttori superstiti tentare di riportare la F1 là dove il suo enorme potenziale avrebbe dovuto sempre tenerla. Il trend va a tutti i costi invertito e poiché sono un inguaribile romantico mi piace addirittura pensare che qualche segnale di riscossa l'abbiamo visto già ieri, nella corsa matura di Sebastian Vettel (che ha perso un titolo alla sua portata ma proprio per questo, mi auguro, ha ormai pagato tutto il prezzo del noviziato) e nella fiammeggiante irruzione del ragazzino giapponese Kobayashi, che in partenza s'è pappato Raikkonen con tutto il kers, poi ha sverniciato il fresco campione del mondo Button, facendogli fare la figura del pivello, e infine ha mostrato all'abulica Ferrari - che dal canto suo ci ha provato senza riuscirci nonostante gli partisse davanti - come fosse possibile sfruttare la strategia con un solo pit stop per salire dalla dodicesima alla sesta posizione e prendere i tre punti necessari a sfruttare l'inatteso regalo del ritiro di Hamilton al fine di evitare il peggior piazzamento nella classifica Costruttori dal 1993 a oggi.

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