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Da Platini, l'ennesima e inutile lezione di moralità

Michelle Platini

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Prima Kakà - che il Milan forse poteva anche vendere meglio dei 67,5 milioni di euro, ma non lo dite a Galliani - poi Ronaldo per 90 milioni di euro, quindi Benzema per 35 e forse anche l'altro francese del Bayern Ribery. Il Real Madrid di Florentino Perez mette paura. Suscita molti sentimenti, che vanno dall'invidia all'indignazione, visto il momento di crisi economica mondiale. Reazioni comprensibili: quelle dei tifosi avversari che sognerebbero una squadra così; quelle degli osservatori che si interrogano su come faccia il neo presidente del prestigioso - e indebitato - club iberico a fare man bassa di campioni a cifre impressionanti, definite da tutti «fuori mercato».   Non è la prima volta che il baldo dirigente del club più famoso (e odiato) di Spagna fa lo smargiasso in fatto di acquisti. Fu suo il Real dei Galacticos. Questo, al confronto, sfugge perfino alle aggettivazioni. La certificazione del bilancio e il campo ci diranno se questo gioco, degno di un Monopoli impazzito, renda. Intanto occorre segnalare che le magliette con la scritta Kakà e il numero 8 sulle spalle vanno via al ritmo di una ogni dieci secondi. Soldi per lo sponsor, per Kakà e per il Real Madrid. Non serve un genio per capire cosa accadrà quando sarà il turno di Cristiano Ronaldo. È il gioco dell'alta finanza: rischiare in un'impresa, nella convinzione di fare un affare vero. Il punto, tuttavia, è un altro. Fa riflettere, oltre alla spericolatezza finanziaria di Perez e del suo Real, l'opposizione di Michel Platini, presidente della Uefa. Lui che quando giocava nella Juventus, non si poneva certo quesiti su come l'Avvocato Agnelli - in piena crisi Fiat - facesse a comprare prima lui e poi Boniek, oggi si oppone a Perez «Paperon de Paperoni». Tetto agli ingaggi, si sente dire da quelli della Uefa, o atre iniziative tese a calmierare il mercato. Misure inutili, che favorirebbero l'odioso esercizio del pagamento in nero. Se Perez certifica il suo bilancio, buon per lui; se le banche gli danno credito, lo può fare. Come lo fece Berlusconi nel Milan di quasi vent'anni fa. Come fece Moratti padre all'Inter negli anni '60 e - in Italia - il figlio in questo ultimo decennio. Barcellona e Manchester United, che hanno dato vita alla tanto celebrata finale di 40 giorni fa a Roma, sono piene di debiti. Ma quella sera Platini tacque. La vera battaglia, per la Uefa e per il calcio mondiale, piuttosto è quella di ottenere trasparenza nei bilanci. La Ocse, l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, denuncia che nel calcio circolano capitali derivanti da attività illecite. Questi sono i controlli da fare, caro Platini. Lezioni di moralità ad orologeria, da chi festeggiò una coppa dei campioni giocata e vinta dopo che erano morte 39 persone a Bruxelles e tutti ne erano al corrente, hanno il solo il sapore dell'ipocrisia.

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