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Aggrappati al gioco di rimessa

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È una balla spesso smentita dai fatti: la massima espressione del calcio italiano e, ormai mondiale, è il contropiede. Nel quale, guarda un po', stanno diventando maestri anche gli inglesi, per la nuova cultura introdotta da Benitez al Liverpool, per i saggi adeguamenti di Ferguson, l'intelligenza di Wenger e l'avventurosa esperienza dell'ultimo arrivato Hiddink. E allora, senza ottuso ottimismo, penso che stasera, in coincidenza con il ritorno della Champions, festa d'Europa sottolineata dal grande confronto Italia-Inghilterra, abbia inizio non una «storia proibita» ma una sfida alla portata dei nostri mezzi. Certo non mi nascondo la conclamata potenza dell'Inter esaltata da un Mourinho «all'italiana», nè la coriacea versione della Juve superprovinciale faticosamente costruita da Ranieri, ma ci metto anche la Roma risalita con orgoglio in campionato e soprattutto ripresasi presto dagli abbandoni bergamaschi. Ha ragione Spalletti a esaltare la vittoria sul Siena: era il penultimo test, è riuscito. Sono però convinto che la Roma, stasera, debba soprattutto chiedere al suo capitano la partita della vita, anche per soddisfare le attese dei tifosi che all'Emirates accoglieranno Francesco Totti secondo fama ormai mondiale. Insomma, ci vuole qualcosa di più, per piegare l'Arsenal, e penso che tocchi a Totti prender per mano la truppa e portarla a buon risultato, ricordando che alla fine della strada europea c'è lo Stadio Olimpico, il 27 maggio, e se ci fosse anche la Roma sarebbe il massimo. Ho ricordi di epiche battaglie combattute dagli italiani in terra inglese. A casa dell'Arsenal, il 14 novembre 1934, colsero gloria, anche se sconfitti, i Leoni di Highbury guidati da Peppino Meazza, due gol per la storia per il Totti dell'epoca. Oggi l'Highbury l'hanno raso al suolo, gli sceicchi hanno edificato l'Emirates un po' più in là dopo aver demolito un mito, ma mi piace pensare che nell'aria persistano suoni di battaglia.

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