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Ecco come Sensi proverà a non vendere la Roma

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L'accordo stabilisce tempi e modalità della copertura graduale dei debiti e la possibilità per i Sensi di tornare proprietari al 100% di Italpetroli, con un prezzo già fissato: 37 milioni di euro. Ma potrebbe non bastare. Il gruppo bancario guidato da Profumo ha recentemente invitato la famiglia a valutare la cessione del club giallorosso dopo aver appreso dell'esistenza di un'offerta di Soros. Segno che il completamento del piano non è affatto scontato. A Villa Pacelli si vivono giorni febbrili. Italpetroli sta infatti lavorando parallelamente all'aggiornamento del piano industriale per gli esercizi 2008-2016 insieme a Banca Finnat che andrà certificato dalla società di revisione dei conti (Pricewaterhouse) e presentato entro il prossimo 15 settembre affinché divenga effettivo l'accordo con le banche per coprire l'esposizione. Due passi fondamentali e ancora lontani. Altra condizione necessaria alla realizzazione del piano di rientro: il patrimonio netto di Italpetroli dovrà essere positivo al 30 giugno 2008. Altrimenti niente certificazione del bilancio e la strada di nuovo in salita. Lo scorso novembre il cda di Banca di Roma ha comunque esaminato e deliberato il piano di ristrutturazione interbancario concordato con i Sensi. Si tratta di un aggiornamento rispetto a quello definito nel 2004 da Capitalia e Italpetroli. Allora, al 31 dicembre 2003, l'esposizione debitoria ammontava a 640 milioni di euro. Una voragine. Gli accordi prevedevano la riduzione dei debiti fino a 222 milioni entro il 2005, oltre al passaggio del 49% delle azioni Italpetroli nelle mani della banca, più un'opzione «call» su un ulteriore 2%. Opzione mai esercitata e alla quale Unicredit ha nuovamente rinunciato. Ma il vecchio piano è fallito: a dicembre 2005 i debiti dei Sensi ammontavano a 445 milioni. Nonostante questo, il Gruppo Italpetroli ha «strappato» un nuovo accordo con le diverse banche creditrici (c'è anche Antonveneta) per evitare il fallimento. E l'inevitabile cessione della Roma. Si tratta di un riscadenzamento del debito che ha permesso ai Sensi di mantenere il 2% «ballerino» della holding e lavorare in tempi meno stretti. Il nuovo piano prevede due fasi per rientrare dall'esposizione verso le banche che, secondo una stima, a settembre 2008 ammonterà a 377 milioni di euro, di cui 27 di interessi. Nella prima fase, attualmente in corso e con scadenza 15 settembre 2008, dovranno essere ceduti asset non strategici per almeno 130 milioni di euro, con l'obiettivo di ridurre il debito a 247 milioni. Tra questi non c'è la Roma. Gli asset individuati sono il terreno di Torrevecchia, i depositi petroliferi di Civitavecchia, l'azienda produttrice di surgelati Svila, il Borgo di Perolla a cui fanno capo terreni e fabbricati a Massa Marittima, oltre ad altri asset immobiliari. I mandati irrevocabili a vendere sono stati conferiti a banche d'affari e avranno termine il 30 giugno 2009. Altrimenti Unicredit non avrebbe rinunciato all'opzione call sul 2% di Italpetroli. La corsa contro il tempo continua. Se venisse completata la prima fase con successo entro il 15 settembre, l'istituto di credito sarebbe disponibile a concedere ai Sensi un'opzione per tornare proprietari al 100% di Italpetroli: il riacquisto del 49% costerebbe loro 37 milioni. Il prezzo andrà comunque ridiscusso al momento opportuno e l'opzione sarà valida solo in seguito alla riallocazione del debito. Nel frattempo il Gruppo sarà riorganizzato in tre sub-holding entro il 30 giugno 2008 con la conseguente riallocazione del debito residuo. Qui scatterebbe la seconda fase del piano e la Roma verrebbe coinvolta direttamente. Il tutto deve essere preceduto dal piano industriale di Banca Finnat e la certificazione dello stesso. Le tre sub-holding saranno: 1) Business petrolifero; 2) Comparto Entertainment (comprendente la Roma) più eventuali asset non strategici rimasti invenduti nella fase 1 del piano; 3) Immobili a reddito. Inoltre, l'accordo prevede la nomina di un amministratore indipendente di Italpetroli indicato dalla Banca di Roma. Il debito residuo del Gruppo verrebbe così riallocato: circa 115 milioni al Business petrolifero, da rimborsare in massimo 14 anni; 72 milioni per il comparto Entertainment entro il 30 settembre 2010; una cifra indicativamente non superiore a 60 milioni alla terza sub-holding. Quindi la Roma, attraverso la controllante Roma 2000, si ritroverebbe in un comparto con un nuovo debito di circa 72 milioni da rimborsare in un anno, da settembre 2009 a settembre 2010. Un peso in più sull'indecifrabile futuro giallorosso. Ma i Sensi, dopo aver sfiorato il secondo scudetto della loro gestione, non mollano e guardano avanti. Laggiù si intravede un nuovo stadio di proprietà: la soluzione più efficace per rendere la Roma più solida e allontanare definitivamente gli americani. Un'ombra o un sogno, a seconda dei punti di vista.

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