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di MARCO GRASSI BASSO SPIETATO, Simoni gabbato; oppure, a seconda della vulgata, ...

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Non c'è univocità di vedute sulla giornata di ieri. L'unica cosa su cui tutti concordano è che il Mortirolo ci ha regalato come sempre una tappa memorabile, degna chiusura di un Giro che è stato stravinto da un Basso inarrivabile, senza reali contendenti alla sua altezza. Oggi si sfilerà per le strade lombarde, dal Museo del ciclismo del Ghisallo a corso Sempione a Milano (140 km), una passeggiata ecologica che sarà preambolo per le premiazioni, a chiusura di un Giro che in realtà il suo atto conclusivo l'ha vissuto ieri. Nei 211 km da Trento all'Aprica, attraverso Tonale, Gavia e soprattutto Mortirolo: pendenze diaboliche, una stradina stretta che diresti porta all'inferno, anche se sale, sale troppo, sale sempre più. Già al primo km di scalata, e 11 dalla vetta, il gruppo è ridotto a 20 unità, saltati i vari Pellizotti, Sella, Ghisalberti, Bellotti (Di Luca era già naufragato sul Tonale). Al km 2 ci sono Sastre e Gustov, gregari di lusso, a tirare per Basso. Volano giù Gárate, Caruso, poi anche Savoldelli: guardi il gruppo, e ti rendi conto che non c'è nessun gruppo, ci sono 5 uomini che si guardano negli occhi e valutano il da farsi. Il primo a darsi una risposta è proprio lui, Devastator: parte, al km 3 di ascesa, parte e gli altri vedono tutto giallo, che trip ragazzi, è un acido sì, l'acido lattico che riempie le gambe e sale fino al cervello, ad offuscare i pensieri. Il Mortirolo è infame, pendenze costanti oltre il 12%, punte del 18%, si sale a 8 km/h, ci si fa malissimo. E Basso è lì in testa, leggero come sempre, a dettare ritmo e condizioni. Cunego in affanno, Quique Gutiérrez, il pesante Gutiérrez, non ne parliamo: gli si spegne per un attimo la luce, ma è bravo a ritrovare in fretta l'interruttore e a respingere la crisi. Sale bene, con Cunego alle calcagna, non perde troppo terreno, salva il secondo posto in classifica. Con Devastator, comme d'habitude, restano i gemelli Saunier, Piepoli e Simoni. Gibo ne ha di più, però, e il pugliese infatti stavolta molla l'osso. Solo Simoni resta accanto a Basso, Ivan fende la folla, reagisce stizzito a chi gli versa l'acqua fredda nel collo, questi tifosi irrequieti, corrono intorno, urlano, schiamazzano all'ombra del monumento in memoria di Pantani. Basso e Simoni guadagnano. Scollinano con 1'05" su Gutiérrez e Cunego, 3'40" su Savoldelli. Il Falco recupera qualcosa in discesa ma non basta, Damiano gli soffia il quarto posto, mentre Gibo dà una bella mano a Ivan (negato nelle picchiate). «Non prendiamo rischi inutili», gli urla la maglia rosa, e Simoni aspetta. La strada che da fondovalle porta su all'Aprica, 15 km complicati, i due battistrada vanno d'amore e d'accordo. Il trentino si aspetta che Basso gli lasci il successo di tappa, gli altri sono tutti lontani. E invece Ivan, a 3 km dal traguardo, impone un ritmo insostenibile, e Gibo molla; Basso se ne va al traguardo, tira fuori dalla tasca la foto del figlio Santiago, 1 giorno di vita e già una dedica così importante. Tappa e Giro, sin duda. Gibo arriva dopo 1'17", stravolto e incazzato nero: «Chapeau a Basso, prima mi dice di aspettarlo in discesa e poi mi stacca. Se uno sa che non avrà a che fare con degli uomini, si comporta diversamente. Io l'ho aspettato, avrei potuto guadagnare... gran corridore, complimenti. Voleva dedicarla al figlio? Poteva dirmelo prima». Basso reagisce dicendo che non c'era nessun accordo, che se arrivavano in due non faceva la volata, ma così no, mica poteva aspettare Gibo. Pepe sul Giro. Bello anche così, no?

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