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I ragazzi di Formello meritano una festa

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Perché al di la delle intercettazioni telefoniche e del calcio-scommesse ci sono i sogni dei tifosi che, improvvisamente sono andati in frantumi. E allora diventa difficile mettere la palla al centro e ricominciare, in un'atmosfera irrespirabile. Buoni e cattivi, tutti finiscono nel calderone, e quasi si confondono le accuse e gli interpreti della più lancinante pagina nera dello sport preferito dagli italiani. Ne deriva un'ultima giornata di campionato che interessa poco niente, inclusa Lazio-Parma, con molti tifosi senza la minima voglia di andare allo stadio, di perpetuare quel rito d'un tratto smagato dopo il venerdì nero delle Procure all'arrembaggio e la lunga settimana di spaventi. Ecco, ci risiamo: un castigo biblico riporta la Lazio nella bufera per pasticci che sarebbero emersi in relazione allo scorso campionato e i sostenitori di questo club melodrammatico e senza pace paventano nefaste conseguenze, ritornando con la memoria agli scandali delle scommesse memorizzate negli anni Ottanta. Basta non se ne può più di partite truccate e arbitri compiacenti. Vogliamo il calcio giocato in campo. Che per i laziali è quello spumeggiante di Delio Rossi, il tecnico galantuomo capace di impreziosire in ogni reparto un organico ritenuto fragile e di scarsa qualità durante l'estate scorsa, ai tempi della partecipazione all'Intertoto. I sedici punti in più rispetto allo scorso anno premiano gli schemi avvolgenti dei ragazzi di Formello, cui oggi andrebbe comunque tributato un lungo applauso all'unanimità per dimenticare in fretta le lacerazioni, lo scisma societario e gli ultimi guai di una maledetta primavera. Per chi riesce ancora a scherzare davanti a una vicenda allucinante, risulta perfino umoristico pensare a una Lazio gradita al sistema e con i santi in paradiso, come se si fosse capovolta la storica abitudine di vessare e stangare l'ultracentenario club della Capitale. L'elenco delle iniquità sopportate da quando ci occupiamo del pianeta biancoceleste è interminabile e pure nelle cronache 2005/2006 non mancano i danni subiti ampiamente raccontati. Ma fra poco sugli spalti dell'Olimpico, chissà quanto occupati per la partita di congedo, tentiamo di isolare Rocchi e compagni, cioè gli artefici dell'inaspettato sesto posto in solitudine, da scandali che non li riguardano. Loro, gli assaltatori pagati con molta parsimonia, hanno sudato e lottato per recuperate gli entusiasmi svaniti, riuscendo ad estraniarsi dal contenzioso Lotito-Chinaglia e dal caos frequente ai margini dell'addestranento quotidiano. Non era facile, e forse in altre squadre avrebbe prevalso il caos. Per cui dobbiamo ringraziarli e salutare con un po' di rimpianto Dabo e Liverani, ammesso che restino gli unici partenti verso altre destinazioni. E Di Canio? Fra poco siederà in panchina tra i supplenti quasi intendesse studiare da vicino i metodi del signor Delio, dopo le prove orali da aspirante allenatore sostenute a Coverciano. E qui scopriamo di non aver sviscerato nulla della sfida contro i corridori di Berretta, né riesumato i ricordi legati alla «Belle epoque» Cragnotti-Tanzi come era del resto inevitabile visto che il calcio pare precipitato nella Valle di Josafat in attesa del giudizio universale. Si salvi chi può.

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