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di DOMENICO LATAGLIATA TORINO — Succede di tutto, alle Olimpiadi di Torino.

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Gli eroi sono Matteo Anesi, Enrico Fabris e Ippolito Sanfratello (cui va aggiunti Stefano Donagrandi) che prima, in semifinale hanno sfruttato un clamoroso errore dell'Olanda, e poi hanno dominato il Canada nell'atto conclusivo di una giornata che resterà nella storia dello sport italiano. L'Olanda, si diceva. In testa con un più che discreto margine (un secondo circa, quando metà gara era già passata), gli Orange cincischiano, sbagliano, finiscono per terra con Sven Kramer, uno dei loro super-uomini vestiti da astronauti, già vice-campione olimpico sui 5000 metri. Fine del sogno nel modo più banale possibile: come un rigore sbagliato al novantesimo da Maradona, insomma. Iniziava a quel punto il viaggio dei pattinatori azzurri verso la seconda medaglia dei Giochi: Italia in finale, Fabris il suo profeta, Sanfratello, Donagrandi, Anesi e Ioriatti i suoi bravi discepoli. L'Olanda ovviamente nella disperazione, con i tifosi che comunque inneggiavano ai propri atleti nel più puro spirito olimpico: scena da libro cuore davvero. Ad Asiago, intanto, la mamma di Enrico Fabris non si negava il pianto: i suoi parenti erano tutti arrivati Torino, lei era rimasta a casa accontentandosi di sentire il pargolo tre volte al giorno. La promessa, intorno alle 13: «Una medaglia stasera la porto a casa», aveva garantito il ragazzo. Una medaglia? La medaglia. Oro. Insperato. Impronosticabile. Impossibile, a considerare il movimento: 32.000 tesserati in Olanda, il doppio in Canada, qualche decina (un centinaio, esagerando) in Italia. Eppure l'Italia è il paese dei miracoli, quello dove i sogni si avverano quando meno te l'aspetti. Fabris aveva vinto il bronzo nei 5000, sembrava già tanto per non dire troppo: mai, prima di queste Olimpiadi, gli azzurri avevano vinto una medaglia nel pattinaggio. Ieri, l'incredibile bis. Con un treno come Fabris, imprendibile per chiunque, e compagni di avventura degni di tanto capitano: in finale, con il Canada in rimonta, il vicentino si è piazzato in testa alla locomotiva piazzando lo strappo decisivo. In televisione, il papà di Anesi commentava l'impresa del figlio e quasi non credeva a quanto stava accadendo: «Un successo da dedicare a tutte quelle famiglie che fanno sacrifici e vivono nell'ombra, senza poter assaporare sensazioni di questo genere». Il suo pupo aveva cominciato a pattinare a quattro anni presso il lago di Serraia, prima ancora che venisse costruita una pista artificiale: strimpella la chitarra (classica) anche lui, come Fabris che però preferisce quella elettrica. Insieme, hanno suonato Olanda e Canada. Mentre Sanfratello probabilmente prendeva atto di quanto fosse strano il destino: fino a due anni fa pattinava sulle rotelle e, dopo otto titoli mondiali, si fece convincere a provare sul ghiaccio. Adesso è lì, incredulo, che si guarda intorno spaesato e si scopre campione olimpico. Una favola. Una gran bella favola. Con i Metallica come colonna sonora e gli olandesi che ancora si chiedono come sia stato possibile: pressione, paura, terrore. Di tutto di più. Queste sono le Olimpiadi. Questa è l'Italia. Pronta a innamorarsi di quattro ragazzi con la faccia pulita, che sanno esprimersi anche in inglese e non si infastidiscono per una domanda in più. Con un allenatore come Maurizio Marchetto al loro fianco: uomo burbero, lo dipingono in tanti. Uomo duro e basta, invece. Perché i risultati, certi risultati, si ottengono lavorando seriamente. Sudando e faticando. Faticando e sudando. Creando atleti, inventandoli, plasmandoli. Spingendoli. Verso l'oro, a bordo pista, indicando e suggerendo il ritmo giusto da tenere.

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