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di GIANFRANCO GIUBILO STAVOLTA la Juventus avrebbe potuto chiudere il discorso e rendere accademica ...

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Dopo avere regalato un mezzo rigore alla capolista, ma Del Piero ha calciato contro la traversa, ne ha negato un altro ben più evidente al Parma a tempo scaduto. Insomma, la storia si ripete, e l'Inter, sconfitta a Firenze con qualche recriminazione, può almeno partire da meno nove, divario pesantissimo ma ancora recuperabile. Però è un segnale allarmante, per la Juve, un'altra partita giocata nettamente sotto tono, con un pari perfino gratificante in relazione alle difficoltà incontrate di fronte al Parma. La Fiorentina, in vantaggio di due gol ma costretta a soffrire nel finale dopo la prodezza balistica di Recoba, conserva il distacco dalla Roma, protagonista di un match che per fortuna si è giocato a porte chiuse, risparmiando qualche disturbo cardiaco agli eventuali spettatori. Sotto di due gol, ancora in svantaggio in superiorità numerica dopo la rincorsa, ineccepibile doppio rigore per il sorpasso, quando anche i giallorossi erano in dieci. L'ottava vittoria consecutiva rappresenta un nuovo primato nella storia della Roma, che oltre una striscia di sette non era mai andata, Spalletti batte Capello nella statistica romanista, lo batte soprattutto nella classifica degli affetti nel cuore dei tifosi, che il friulano non avevano amato. La prima parte di questa serata, che forse un clima meno ignobile avrebbe reso ancora più appassionante, era vissuta all'insegna della rivolta dei peones, la prima della classe in crisi, la magica Roma delle sette vittorie a seguire sotto addirittura di due gol. Ma peggio ancora stava facendo la distratta Juventus, non una sola occasione creata per quaranta minuti, le palle da gol soltanto per il Parma nei rari ma pericolosi contrattacchi poi a segno con Dessena. E poi perfino l'esigenza di risalire, soddisfatta quando si è finalmente materializzato l'ectoplasma di Ibrahimovic, con triplice errore: Bonera a lasciare in gioco il croato di Svezia, Paolo Cannavaro e Couto goffi nel tentativo di anticipo, il destro vincente di Ibra che non segnava dal lontano 20 novembre all'olimpico. Gol arrivato quando Capello stava per prendere a calci il suo attaccante, testardo nei più leziosi e inutili colpetto di tacco. Di rimontare l'avrebbe meritato l'Inter, dopo il gol di Brocchi a battere un Julio Cesar non irreprensibile. Costante l'offensiva, tante occasioni vanificate per imprecisione e per gli interventi del romeno Lobont, ma insomma nei due stadi in cui si misuravano a distanza i duellanti per il titolo, rimbalzavano notizie belle o brutte, a seconda degli umori. Alla fine, tante sorprese, anche da Udine e Lecce, ma non proprio i fuochi di artificio che i primi tempi avevano promesso.

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