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La Figc apre l'inchiesta

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Rischia una squalifica nel 2006 La società lo difende in blocco

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Il procuratore ha infatti chiesto agli investigatori federali «di svolgere tutti i più opportuni accertamenti in ordine al comportamento tenuto da Di Canio in occasione della sfida di domenica e relativamente alle dichiarazioni rilasciate dallo stesso calciatore». Il rischio di squalifica non riguarda la sfida di sabato sera e forse nemmeno quella di Lecce. L'eventuale sanzione slitterà a gennaio. Intanto la Lazio fa quadrato intorno al giocatore. Per spiegare il clima irreale che si era creato a Livorno sin dalla sera precedente quando i giocatori non avevano potuto uscire dall'albergo per andare a comprare un dentifricio nel vicinissimo centro commerciale. Minacce, insulti e intimidazioni poi proseguite allo stadio con il razzo che il giudice sportivo ha punito solo con 20.000 euro di multa e la diffida del campo: una sentenza iniqua che non ha fatto piacere alla Lazio. Che ha anche ricevuto 8.000 euro di ammenda per i simboli politici presenti nella curva biancoceleste. Il primo a parlare è il presidente Lotito che contrattacca: «Il gesto di Di Canio politico? E quello che ha fatto il Livorno? È politico o no cantare Bandiera rossa? Perché non parlate mai di Lucarelli? È chiaro che ognuno reagisce alle provocazioni a modo suo. Io sono stato insultato in tribuna e devo dare atto a Spinelli che da gran signore ha invitato i suoi tifosi a farla finita. È chiaro che se tu vai in un posto dove per tutta la gara vieni apostrofato, poi c'è chi reagisce in un modo e chi in un altro. La posizione della Lazio è sempre stata chiara: la politica deve stare fuori dallo sport. È ora di finirla perché la Lazio non è l'emblema di nulla, ognuno è responsabile dei propri gesti». Anche Delio Rossi si è sfogato e ha difeso a spada tratta il suo giocatore: «Partiamo dall'inizio: partita a rischio, veniamo confinati in albergo senza nemmeno la possibilità di fare un passo. Ci hanno chiesto eventualmente di andare in borghese in un centro commerciale a tre metri dal nostro albergo. Sembrava di essere in guerra. Questo era il clima. Arriviamo allo stadio, ecco un petardo e a momenti colpiscono un nostro giocatore. Abbiamo fatto finta di niente, siamo andati in campo e ce la siamo giocata, senza lamentarci e dire niente neanche a fine partita. Siamo stati bravi, non abbiamo fatto nemmeno alcuna riserva scritta. Che poi alla fine si voglia parlare solo del gesto di Di Canio mi sembra assurdo. Di Canio è un ragazzo di 37 anni, non un bambino, non è nemmeno mio figlio o mio fratello, non posso certo dare giudizi morali. Però è arrivato e gli hanno tirato un razzo ad altezza d'uomo, in campo gli hanno detto di tutto, c'era un fallo, un presunto rigore a suo favore, è stato calpestato a piedi pari e nessuno ha fatto vedere queste immagini. È stato fatto vedere solo il saluto di Paolo che io non giudico. A Di Canio e alla sua famiglia hanno detto "A testa in giù come a piazzale Loreto" per tutta la partita, questo mi sembra andare oltre, poi ci scandalizziamo però se fanno due buu. Questa non è una forma di razzismo? Di Canio è stato provocato. Parlo del Di Canio calciatore, che è stato aggredito, vituperato e istigato alla violenza. Se vogliamo deprecare il gesto possiamo farlo, però per par condicio si sarebbero dovute fare vedere tutte le altre cose ma nessuno lo ha fatto. Il ragazzo è stato istigato, normale che possa avere avuto una reazione, anche scomposta. Io non lo avrei fatto, ma non sta a me giudicare un gesto che riguarda la sfera personale. Una squalifica? Ma non scherziamo, la giustizia sportiva si dovrebbe occupare di Galante, che ha pestato Di Canio, non di queste cose». L'inchiesta è partita, il giocatore rischia la squalifica ma da oggi la squadra vuole pensare solo alla Juve per dimenticare una domenica di follia.

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