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Classe e talento al servizio del calcio

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Dopo sedici anni il sardo dice basta: ho deciso dal dentista

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Ci voleva il genio di un Gianfranco Zola, profeta molto più all'estero che in patria, per riuscire a coniugare i due estremi di una favola incredibile. Al termine della quale oggi, a 39 anni suonati e con moglie e tre figli a carico, il campione sardo ha deciso di smetterla con quello che amava definire «il più efficace antistress», ossia il gioco del calcio. E così con il suo addio il calcio perde non solo un campione, ma un intero modo di vivere lo sport più amato e diffuso nel mondo. Ovvero 16 anni di pallone d'alto livello e molto di più Zola ha deciso di appendere le scarpette al classico chiodo carico di gloria e di onorificenze, e non solo sportive, per tornare a vivere da sardo, anzi da cittadino della sua amata e selvaggia Barbagia. «Sir» secondo il titolo concessa dalla Corona britannica, ma «signore» del calcio indiscusso per tutti i tifosi che ne hanno ammirato colpi in campo e gesti nobili fuori: ha scelto di dare un taglio netto a una luminosa carriera che ha cominciato a prender corpo 16 anni fa, quando il piccolo giocatore sardo era approda semisconosciuto a Napoli dalla C2 della sua terra misteriosa, alla corte di un certo Diego Armando Maradona. Il giovanotto ha talento, è fornito di una tecnica già buona, e accanto ha tale maestro, nella quotidiana osservazione del «genio» riesce a carpirne quasi tutti i segreti tecnici e a farli propri. Diventa un fantasista straordinario, micidiale nei calci di punizione, conquista la maglia azzurra. È il 1990 l'anno magico nel Napoli con il quale vince lo scudetto e la Supercoppa italiana. Nel 1991 c'è l'esordio con la nazionale (Italia-Finlandia 1-1). Poi il trasferimento al Parma con cui conquista la Supercoppa europea nel 1993 e la Coppa Uefa nel 1995. Come tutti i numeri 10 estrosi e inimitabili non sfugge al dibattito che investe questo tipo particolare di giocatore, a cominciare da Baggio. Ma è Zola stesso a sottrarsi a queste vuote polemiche trasferendosi in Inghilterra, dove in sei anni raggiungerà tutte le soddisfazioni sportive e umane che forse l'Italia non gli avrebbe concesso. Nel 1997 approda al Chelsea di Vialli per cominciare una seconda straordinaria vita di atleta e di uomo. È la lunga parentesi londinese a rilevare la vera natura del piccolo genio di Oliena. «Trick box», scatola magica lo chiamano subito i tifosi del Chelsea, il club del quartiere più esclusivo di Londra. Mentre il calcio italiano si consuma nell'ennesima polemica «c'e ancora spazio per i numeri 10?», Zola sta a Londra felice a vivere la sua seconda vita. Un campo di golf, una partita al sabato e poi il giorno dopo poche chiacchiere, un gran gol al volo, una punizione alla Maradona, la nomina di giocatore dell'anno alla prima stagione. E soprattutto l'immediata identificazione con un modo di intendere il football, da signori appunto: questo è stato Zola in sei anni inglesi. Due medaglie per la Fa Cup (nel '97 e nel 2000), la Coppa di lega inglese, La Coppa Coppe e la Supercoppa europea nel '98, la Charity Shield nel 2000. Ma non sono stati solo i meriti sportivi a motivare la nomina di Zola a «Membro onorario dell'Impero britannico», l'onorificenza che la regina Elisabetta II gli ha conferito nel 2004 per i suoi cinque anni nel calcio inglese e la nobiltà di intenti. «Il giocatore straniero più duraturo nella storia del Chelsea» è solo una delle motivazioni che hanno spinto la Regina d'Inghilterra a incoronare il piccolo re del football. Per questo tra le motivazioni dell'onorificenza si legge anche che «durante tutto il periodo trascorso in Inghilterra è stato uno spiccato sostenitore di numerose iniziative di beneficenza, ricevendo estesa ammirazione per aver dedicato il gol decisivo per la vittoria nella coppa di lega inglese a un ragazzo malato terminale». Anche il suo addio al Chelsea per tornare nella sua terra è stato un segno di «stile». Lo Stamford Bridge era stracolmo per la partita d'addio giocata contro il Real Saragozza. Dopo, famiglie di tifosi londinesi hanno preso a f

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