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Dure accuse della Fia ai team rientrati ai box prima del via del Gp. Mosley: «Tifosi da risarcire»

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Ha citato per danni la Fia, la Michelin e l'International Motor Speedway. E Max Mosley in una intervista alla BBC Radio Five Live ha detto: «Le squadre e la Michelin devono dei soldi ai tifosi». In America la questione Indianapolis è già in mano ai magistrati. In Europa lo scontro tra la Fia e le «sette sorelle» è arrivato punto massimo. Secondo la federazione internazionale a «danneggiare gli interessi del Gp Usa e di tutto l'automobilismo» sono state le scuderie condotte da Ron Dennis, Frank Williams, Nick Fry, Flavio Briatore, Tsutomu Tomita, Peter Sauber e Christian Horner, ovvero i «team principal» di McLaren, Williams, Bar, Renault, Toyota, Sauyber e Red Bull ai quali sono state indirizzate le sette lettere di convocazione davanti al Consiglio Mondiale dell'Automobilismo per il 29 giugno, il mercoledì prima del Gp di Francia a Magny Cours (per inciso, la Michelin ha reso noto che non ci saranno problemi di gomme). Ieri, come giovedì scorso per la proposta di regole 2008, le lettere sono state pubblicate integralmente sul sito internet della Fia «in nome della trasparenza». Firmate dal segretario generale Pierre de Cornick, nelle lettere si indicano quattro violazioni dell' articolo 151c del codice sportivo internazionale: 1) non essere riusciti a dotarsi di gomme adatte alla corsa; 2) aver erroneamente rifiutato di mandare le vetture al via; 3) aver erroneamente rifiutato di schierare le macchine in gara, pur in condizioni di velocità limitata in modo tale da poter essere affrontata dai loro pneumatici; 4) essersi accordati con altre squadre per fare una dimostrazione dannosa per l'immagine della Formula 1 richiamando ai box le vetture immediatamente prima della partenza. In più c'è la violazione dell' articolo 131, per non aver notificato ai commissari l'intenzione di non correre. Cosa rischiano le squadre? Il fatto stesso di essere state indicate dalla federazione come responsabili di un danneggiamento già indica un colpevole ai giudici americani. Ma nel codice sportivo della Fia non esistono pene stabilite per le violazioni contestate. Teoricamente il Consiglio Mondiale può scegliere la punizione che meglio ritiene adatta: dalla sanzione economica alla penalizzazione di punti. Quello che sembrerebbe un autogol inimmaginabile è l'esclusione dalle gare. La sensazione è che la vicenda finirà con una stangata economica, che permetta anche di ricucire lo strappo con i proprietari dell' autodromo di Indianapolis. «Moralmente non ho dubbi — ha specificato Mosley alla BBC — le squadre e la Michelin hanno privato i tifosi di qualcosa. Devono ai tifosi il denaro ed una ricompensa per il tempo perduto. Se avessi qualche colpa sarei il primo a valutare la mia posizione, ma non può dipendere da me se una casa costruttrice di pneumatici non è in grado di fornire le gomme giuste e se le squadre non accettano il compromesso di andare un pò più piano in una curva veloce. Sarei il primo a rimproverarmi se la cosa fosse stata sotto il mio controllo, ma non è stato così. Se fossi stato responsabili delle gomme o delle squadre, tutto questo non sarebbe successo». Le scuderie interessate sono comunque convinte che la posta in gioco sia politica. «La Formula uno è in serio pericolo. È necessario che al più presto tutte le squadre si riuniscano in una stanza confrontandosi fino alla fumata bianca» ha osservato Niki Lauda. La questione sullo sfondo è il controllo sul futuro della formula uno. Con i costruttori tedeschi in prima fila nel «boicottaggio» di domenica ed anche nel gruppo di lavoro che a febbraio si è coagulato quando la Ferrari ha scelto di rinnovare fino al 2012 il Patto della Concordia.

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