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Sospesi tra speranza e utopia

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Come era facile ipotizzare, quello dei rossoneri non era stato un calo atletico. Mentale, piuttosto, legato a quella serata di follia in Galizia, a quel peccato di presunzione pagato a durissimo prezzo. A Siena si sono riviste gambe rapide e testa lucida, quanto è bastato per fare letteralmente strame, nella ripresa, delle timide ambizioni dei toscani. La Roma è salita a Modena caricandosi sulle spalle non soltanto il pesante handicap di assenze importanti, ma anche il valore psicologico di quel nuovo scatto dei rivali, che avrebbe potuto avvilirne ogni residua aspirazione. Per questo l'impresa del Braglia, dove lo stesso Milan molto aveva stentato per uscirne imbattuto, merita una valutazione particolare, per far fronte all'emergenza, diventano indispensabili grande volontà, concentrazione feroce, impegno assiduo: qualità che la Roma ha saputo esibire in una serata resa difficile da un risultato senza alternative e da un'avversaria motivatissima da una classifica poco gratificante. Nell'apprezzare i suoi bravi ragazzi, il tifoso non può esimersi dal chiedersi come mai lo stesso carattere, la stessa cattiveria, la stessa determinazione, non fossero venute fuori quando le seconde linee romaniste erano state impegnate sul fronte europeo, con risultati assai meno convincenti. E dunque si va avanti, in un momento che avrebbe anche potuto suggerire la predisposizione alla resa. Anche se la logica sembra scoraggiare qualsiasi ipotesi diversa dalla rincorsa a un secondo posto che, cifre alle mani, diventerebbe comunque esaltante, la Roma ha il vantaggio di affrontare i prossimi impegni, derby compreso, con la serenità di chi non ha molto da perdere. Per tornare alla serata modenese, resta da registrare come ci siano voluti cinquanta minuti per vedere un cartellino giallo sventolato in faccia a un giocatore di casa, mentre erano già stati ammoniti due romanisti. Dato statistico inquietante per chiunque stesse seguendo la partita dal vivo. Ma qui torniamo al solito discorso: la Juventus non gradisce Collina e non lo vede per mesi, quando lo ritrova, per due volte va fuori Montero, che se fosse rimasto all'Atalanta non avrebbe avuto il tempo materiale, in stagione, per scontare tutte le squalifiche. La Roma gradisce poco Pellegrino, un mediocre e spesso «garante» delle fortune juventine. Però deve sorbirselo, anche perché al numero uno del mondo il regolamento non consentirà di dirigere anche la Roma, neanche se lo scontro di San Siro dovesse avere ancora voce in capitolo sul romanzo dello scudetto. Regole stupide, da cambiare, ma comunque regole. Le stesse che Gaucci, ora deciso a fermare il calcio a Perugia, aveva calpestato con il ricorso alla magistratura ordinaria, fuori dalla clausola comprimissoria liberamente accettata e sottoscritta. Coraggio, ci sono tutti i buoni motivi per sospettare che ne vedremo di peggio.

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