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«Quelle mille lire spese per vedere Italia-Ungheria»

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17 maggio 1953, partita inaugurale dello stadio Olimpico, Italia-Ungheria, quella di Puskas e degli altri fuoriclasse «che giocavano a occhi chiusi e travolsero gli azzurri, 3-1 se la memoria non m'inganna: ma noi avevamo una squadretta», racconta il signor Claudio Olivero (nella foto di Emilio Orlando). Romano e romanista, residente a Colleferro, chimico, quel giorno era seduto in curva sud. «Ma allora aveva poco senso, non c'era ancora la divisione di curve nella nord e nella sud: lì non ci aveva mai giocato nessuno e al Flaminio c'era una sola curva, al posto dell'altra c'era la piscina scoperta», ricorda Olivero. Che quel biglietto dai colori un po' sbiaditi lo ha incorniciato e conservato con gelosia per tutti questi anni. Nei primi Cinquanta era studente, e il prezzo d'un biglietto già contava molto: «Ricordo che al Flaminio le partite costavano 500 lire, aspettavamo l'inaugurazione dell'Olimpico convinti che il biglietto sarebbe costato di meno. Invece, ci costò mille lire». Cifre d'un altro calcio e di un'altra Roma: «Io e i miei amici abitavamo a piazza Acilia, lì c'era una strada sterrata che scendeva verso piazza S. Emerenziana», e c'era il bar dello sport. «Ma c'era posto solo per gli sfottò, mica come oggi», ride Claudio Olivero. Un esempio? «Allo stadio, se una squadra prendeva più di cinque gol, si gridava "aho, ve' mannamo alla scoletta": era una rubrica del Tifone, un giornale romanista, nella quale comparivano le vignette coi giocatori seduti ai banchi di un'aula che prendevano lezioni dalla Roma».

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