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Vitruvio 4.0: il futuro delle periferie

“Nuovi modi dell'abitare” è il secondo del ciclo di incontri “Vitruvio 4.0”, con l'obiettivo di esplorare il tema della rigenerazione urbana, da inedite prospettive.  La parola periferia ha etimologia greca, ma nel tardo latino vuole semplicemente dire “circonferenza”. Così, ciò che sta intorno al centro, è diventato nel linguaggio comune una parola simbolo di povertà, difficoltà, disagio. Di “alterità” rispetto alla bellezza dei centri storici.  Le periferie, però, sono restie alla geometria: ci sono “periferie” nei centri storici, come a Palermo o Sassari così come ci sono intere città periferiche e abbandonate al degrado, al Sud o sull'Appennino.  Recentemente ISTAT ha realizzato una ricerca per la Commissione periferie del Parlamento: nei comuni capoluogo delle città metropolitane italiane abitano più di 9,5 milioni di persone e la stima è che oltre un terzo vivano in quartieri dove è più sentito il disagio economico. Si tratta di zone in cui c'è una forte presenza di famiglie vulnerabili, sotto vari punti di vista, da quello reddituale, alla presenza di giovani al di fuori dei percorsi di studio, di formazione o lavoro.  La rigenerazione urbana sostenibile passa dalla riqualificazione delle grandi periferie urbane e dalle cittadine in progressivo abbandono, cominciando dagli spazi pubblici, insediando servizi e rendendole connesse al resto della città e del territorio.  Non basta “rammendarle”, perché le periferie italiane soffrono la più grave delle condizioni edilizie nelle città: le case costruite rapidamente e senza criterio, dal dopoguerra agli anni '80, sono spesso il pessimo esito di astrazioni dottrinarie dell'architettura, a volte ostica alla vita delle persone.  Raccontate da letteratura e cinema, le periferie italiane sono state le vere protagoniste della storia italiana del secondo ‘900, ma, nonostante molti buoni propositi e poche buone pratiche, sono entrate nel millennio “invecchiando in solitudine.”  Su questo difficile tema Gianni Biondillo, Paolo Buzzetti, Roberto Faenza, Sergio Rizzo e Edoardo Zanchini hanno in comune uno sguardo differente, acuto e senza pregiudizi; e la certezza che la rigenerazione delle periferie è il vero investimento “politico” che si deve fare a livello economico, sociale, culturale ed ambientale.

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