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Coronavirus, l'epidemiologo Lopalco avvisa: dati in tv? conta solo trend

Silvia Sfregola
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I più romantici scelgono carta e penna, altri optano per i file excel mentre altri ancora si lanciano in grafici e proiezioni matematiche. E poi tutti a condividere i risultati delle proprie ricerche sui social. Prima del lockdown facevano il cuoco piuttosto che il commerciante o il barista ora, invece, sono tutti epidemiologi in pectore. Ad accomunarli c'è il rito della conferenza stampa delle 18 della Protezione Civile, dove gli italiani sono inondati di dati sull'andamento dell'emergenza coronavirus in Italia. L'invito a tutti di Pier Luigi Lopalco, epidemiologo dell'Università di Pisa, è però quello di non fossilizzarsi troppo, per non dire di lasciare perdere. "La tabella che viene fornita ogni giorno presa singolarmente ha poco valore. Si tratta di un sistema di sorveglianza ma l'unica cosa che ha senso valutare è il trend e, oggettivamente, la curva sta andando nella direzione della discesa". Niente ricerche affannate su internet sul significato di 'R con zero' o sulla differenza fra attualmente positivi e casi totali ma una visione più a lungo raggio. "Hanno sbagliato a fare la conferenza giornaliera fin dall'inizio, poi però non si poteva più tornare indietro", argomenta ancora Lopalco. "Quello di affidare la comunicazione ai numeri è stato un errore, perché crea isteria di massa", il pensiero dell'epidemiologo che dall'inizio dell'emergenza lavora come esperto per la Regione Puglia. L'ormai celeberrima tabella insomma nell'impatto sulla vita dei cittadini "conta poco", anche perché "le variabili sono tante e non costanti". L'unico valore degno di nota resta quello del trend percentuale dove si certifica la discesa "costante ma lenta" e la parola d'ordine, prima di ripartenza, resta pazienza. Una strada lunga verso un futuro con una nuova normalità che, avverte Lopalco, "non può essere una brutta copia di quella precedente".

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