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L'autismo secondo Gianluca Nicoletti

nicoletti

Un musical e una mostra per parlare di un mondo diverso perché poco conosciuto

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“In Italia manca una profonda radicale e diffusa cultura sull'autismo, anzi una cultura sulla disabilità di tipo psichico, quello che ci fa veramente paura è l'imponderabilità della mente che sfugge. È la follia. L'autistico ancora è l'esito moderno di quello che una volta era un pazzo”. Così Gianluca Nicoletti ha detto nella serata speciale “Secondo me” che laeffe ha dedicato all'autismo trasmettendo anche il documentario di Tricia Regan, Autism: Il Musical.   TANTI AUTISMI - “Nessun può dire con sincerità cosa sia l'autismo perché di autismi ce ne sono tanti. Posso dire cosa sia per me l'autismo. L'autismo è svegliarmi la mattina e trovarmi accanto un ragazzone con barba e baffi che pesa novanta chili, che non aspetta altro che andiamo a comprarci una ciambella in una pasticceria sotto casa, come se fosse un bambino di cinque anni”, questo l'incipit di Gianluca Nicoletti, scrittore ma soprattutto padre di Tommy, da anni impegnato nel promuovere una cultura sull'autismo.   IN MOSTRA - Sullo sfondo del MAXXI di Roma dove si inaugura oggi il progetto “I nostri figli sono un'opera d'arte”, è andata in onda una lunga riflessione: “Tutti mettono gli autistici nelle scuole, nelle parrocchie, nelle palestre, nei palazzi della politica. Io li voglio mettere dentro un museo d'arte. E' stato divertente perché appena l'ho chiesto al MAXXI ci sono stati, gli è piaciuta l'idea, l'idea di esporre la neurodiversità come fosse un'opera d'arte”, ha detto il giornalista che non ha battuto ciglia nell'ammettere anche le proprie paure: “Tutto questo mi sta bene, anzi è la forma di vita che avrei sempre voluto, vivere da scapolo con un compagno di bagordi che è anche mio figlio. Ma io non sono eterno e mio figlio mi sopravviverà di sicuro. E questa è la domanda che dà il segno di che cosa sia l'autismo”.   DOCUMENTARIO - Autism: Il Musical di Tricia Regan, premiato nel 2007 al Tribeca Film Festival di New York City, ha seguito per sei mesi Neal, Lexi, Henry, Adam e Wyatt, cinque bambini colpiti da diverse forme di autismo ma partecipanti al progetto sperimentale Miracle, per stimolare la socializzazione e le forme d'espressione attraverso l'arte. Il film mostra la realtà della malattia con una particolare attenzione agli effetti che questa produce nei nuclei familiari e nei loro equilibri interni. A volte allontanando il nucleo, come accade a Elaine, madre di Neal, che si separa dal marito. Alla fine del progetto non accade nessun miracolo, nessuno viene guarito e nessuno trasforma la propria vita.

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