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Teatro di Roma, nominato il nuovo direttore: "cade" il fortino della sinistra

Giuseppe China
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La nomina della discordia che spazza via uno tra gli storici feudi della sinistra è stata fatta in una sala dell’ultimo piano del Teatro di Roma, utilizzata per le prove dagli attori. Una scelta obbligata per i soli tre membri del consiglio di amministrazione presenti, dato che la sala dove si riunisce abitualmente il consiglio era chiusa a chiave. Così da ieri la fondazione del Teatro di Roma ha un nuovo direttore generale: Luca De Fusco, regista di lungo corso con un passato al vertice del Teatro stabile del Veneto e del Mercadante di Napoli. Nel frattempo, intorno alle 11, andava in scena la conferenza stampa del presidente Francesco Siciliano e del consigliere Natalia Di Iorio, entrambi espressi dal Comune. La storia che ha infiammato il dibattito culturale non poteva non avere un prologo. L’antefatto risale alla riunione dello scorso 15 gennaio: «Un incontro che si prolunga perché c’era ancora da discutere, dunque si è convenuto dichiara a Il Tempo l’avvocato e membro del cda fondazione Teatro di Roma Danilo Del Gaizo - di lasciare aperta la seduta aggiornandola a una seconda sessione, quella di oggi (ieri per chi legge, ndr). Quindi è come se la seduta di lunedì non si fosse mai interrotta. Inutile perdersi in chiacchiere, tutto lecito ai sensi dell’articolo 12 dello statuto che disciplina tra le altre cose anche la nomina del dg».

 

Nell’atto successivo del "dramma", mentre lo stesso Del Gaizo e i consiglieri Marco Prosperini e Daniela Traldi, insieme al collegio dei revisori dei conti, nominavano De Fusco, il presidente Francesco Siciliano, congiuntamente a Di Iorio, si scagliava in duro attacco, nei loro confronti. «Una scelta preconfezionata che taglia fuori la città e che rappresenta una rottura del patto territoriale, alla base di questo teatro. Ritengo - ha proseguito Siciliano - che la riunione sia invalida, ma anche al di là degli aspetti giuridici credo che questo modo di procedere rappresenti un colpo alla natura di questo Teatro». Le sovvenzioni garantite alla fondazione teatrale da ministero della Cultura, Regione Lazio e Comune di Roma sono un ulteriore aspetto che ha rinfocolato la polemica. «La fondazione è sostenuta finanziariamente quasi totalmente dal Campidoglio. E non possiamo - ha dichiarato il sindaco Roberto Gualtieri- accettare che le scelte più importanti a partire dalla nomina del suo direttore, vengano assunte con la forza, imponendo nomi e strategie dei soli consiglieri nominati da governo e Regione Lazio». A stretto giro è arrivata la replica dell’assessore regionale alla Cultura, Simona Baldassarre: «Questo non è il momento delle polemiche, ma del lavoro, in nome della cultura. Nel merito delle doléances sollevate, leggo le solite farneticazioni da parte della sinistra che, dopo aver occupato militarmente le istituzioni, preferisce bloccare processi decisionali, pur di non mollare la presa».

 

Duro il senatore Maurizio Gasparri (FI), secondo il quale «quelli del Pd contro l’elezione di Luca De Fusco sono toni inaccettabili, con un linguaggio stalinista da anni Trenta». Il procedimento per individuare il neo dg parte da lontano: il primo passo è l’avviso pubblico per manifestazione di interesse. In una seconda fase è intervenuta una commissione ad hoc per scremare le 42 candidature pervenute. Poi le migliori tre, quella di Marco Giorgetti, Onofrio Cutaia (candidato preferito dai vertici del Campidoglio) e lo stesso De Fusco, vengono esaminate dal cda. L’impasse per arrivare alle decisione finale è stata risolta con la plastica spaccatura di ieri. Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone (FdI), che si è detto «disponibile ad un confronto nel rispetto del Teatro di Roma che abbiamo salvato dalla gestione criminogena che l’ha preceduta, prima della nascita della fondazione che abbiamo auspicato e suscitato». In serata ha voluto dire la sua pure il diretto interessato, De Fusco: «Sono dispiaciuto per il clima che si è venuto a creare intorno alla mia nomina. Spero di poter contribuire al dialogo, anche perché è difficile rintracciare una coloritura politica di qualche tipo nelle mie precedenti esperienze». Cala il sipario, epilogo.

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