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Tivoli e la sciatteria di chi non controlla

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Gianluigi Paragone
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Di chi è la colpa dell’incendio all’ospedale di Tivoli? Cosa è successo realmente? Ci sono tre vite umane morte in un ospedale e si ringrazi la Provvidenza che il numero si sia fermato lì. La procura cittadina sta lavorando per ricostruire la filiera delle responsabilità. Non vorrei apparire irriguardoso nei confronti degli inquirenti ma il senso profondo di scoramento rischia di prevalere sull’accertamento delle responsabilità e dei responsabili. Del resto come potrebbe essere diversamente quando si parla di una Regione con un debito impressionante e della quale l’ex assessore alla Sanità, Alessio D’Amato si permette di fare la morale ai nuovi amministratori: con quale coraggio? Pochi giorni fa i finanzieri sono andati a bussare alle porte di otto persone tra direttori ed ex direttori generali delle Asl e delle aziende ospedaliere del territorio laziale: secondo l'accusa avrebbero “abbellito”, diciamo così, il quadro finanziario delle aziende negli anni fra 2017 e 2020 per nascondere le reali sofferenze.

 

 

Chiedo: ma i precedenti vertici politici della Regione, cioè l’allora presidente Zingaretti e soprattutto l’ex assessore D’Amato, avevano o non avevano gli strumenti per controllare? Perché se preventivamente non si può far nulla, allora a che serve pagare tutta quella gente? essuno ovviamente sapeva, vedeva e interveniva realmente. Infatti, per magia, ecco che il governo Conte bis quello dell’accordo Movimento Cinquestelle, Pd, Renzi e compagnia varia, premiava la giunta Zingaretti con un de-commissariamento ad acta, nonostante la sanità laziale si trovasse in rovina, indebitata sino al collo e senza via d’uscita. Davvero si può pensare che bastino i trucchi da Harry Potter e che il popolosi beva tutto? La gente sta sopportando solo perché si entra nella sanità con paura e si è in una condizione di debolezza psicologica. A maggior ragione la Sanità non dovrebbe prevedere sciatteria e persino ruberie. E che dire dei dirigenti del Ministero dell’Economia e Finanze che hanno avallato quell’indulgenza: adesso che fanno? Magari sono stati promossi? La sanità laziale è un problema gigantesco che grava sulle spalle del neo governatore Rocca, oggi alle prese con la doppia sfida, quella dei conti e quella della qualità di un servizio essenziale.

 

 

Ci verranno a raccontare del Pnrr o del Mes come panacea di un disastro che nasce nelle relazioni tossiche della politica e dell’amministrazione, che hanno bruciato soldi e qualità in enormi percentuali eguali. La Procura di Roma, dicevamo, sta indagando sui bilanci «truccati» delle Asl. E ci sono i magistrati della Corte dei conti che stanno facendo le pulci ai bilanci delle aziende sanitarie. In mezzo, poi ci sono situazioni che esplodono-purtroppo non solo metaforicamente - come è accaduto a Tivoli, dove la sciatteria diventa causa di disgrazie e dolori. I cittadini non possono sempre pagare il conto delle operazioni a tavolino che assemblano nei palazzi del potere romano. Ed è ora che oltre alle responsabilità dei politici nazionali e regionali, da Conte a D’Amato, si raccontino le carriere di chi nei ministeri e in altri uffici della Pubblica amministrazione era nelle stesse cabine di comando. Si svelino i mega contratti di consulenza: tutti controllori per nessun controllo.

 

 

Tutti riescono a cadere in piedi nonostante un buco di 22 miliardi e rotti. Quanto può durare la pazienza delle persone? L’incendio di Tivoli presumibilmente avvenuto per l’ammassarsi di rifiuti, ospedalieri e non (tra cui alcuni altamente infiammabili) e il non funzionamento dell’impianto antincendio, mai testato dicono, diventala metafora dichi col passare del tempo scaricae fa se ne va fischiettando dai danni che ha combinato; anzi magari pure con una medaglietta e una promozione. Tanto poi in qualche modo il Sistema aggiusta e se non aggiusta pagherà il cittadino Pantalone. In ogni senso. E’ giusto? Io credo di no e onestamente credo anche che questi accordi sulla pelle delle persone facciano davvero schifo. Scusate la franchezza.

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