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A Papa Francesco i sandali della libertà

I doni creati dagli ex detenuti portati da Gualtieri al Pontefice

Stefano Liburdi
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«Solo immaginare che Papa Francesco possa indossare i sandali che abbiamo creato noi, mi fa venire i brividi».
È emozionato Giammarco Marzi mentre parla dei sandali che ha costruito e che il sindaco Gualtieri ha donato al Pontefice, insieme a un porta Breviario, durante la visita in Vaticano di giovedì scorso. L’incontro è durato un’ora ed è servito a mettere le basi a una collaborazione tra Comune di Roma e Santa Sede in vista del Giubileo del 2025, un grande evento che vedrà al centro dell’attenzione soprattutto i problemi degli ultimi, i più disagiati.
I doni sono il frutto del lavoro di «A Piede Libero» e «Fila Dritto - Pelletteria artigianale», due dei progetti creati da «Semi di Libertà Onlus», nata per dare una seconda possibilità ai detenuti, formandoli a una professione che agevolerà il loro reinserimento nella collettività e abbattendo così la recidiva, ossia il ritorno a delinquere di chi è rimesso in libertà senza alcuna prospettiva.
Giammarco ha «raddrizzato» la sua vita ed oggi è un artigiano con oltre trent’anni di attività nel settore e tutor nel progetto di produzione di sandali artigianali che ha l’intento di formare persone in esecuzione penale a questo antico mestiere, realizzando un percorso di inclusione sociale e lavorativa attraverso una produzione di alta qualità di sandali interamente fatti a mano. «Quando mi è stato comunicato che dovevo fare dei sandali per il Papa, quasi non ci credevo. - racconta Giammarco - Mi sono subito messo al lavoro con Deborah Magnanti e Katia Romagnoli di “Fila Dritto”, che hanno realizzato le fasce in pelle. L’idea è stata quella di produrre un sandalo francescano anche se non rientra nei nostri modelli, almeno fino ad oggi». Poi Marzi entra nei dettagli: «Il numero di scarpe del Papa è il 43. Non potendo fare il sandalo su misura, ho preferito realizzare una pianta un po’ più larga. Abbiamo lavorato un pomeriggio intero, dalle sedici alle ventuno: cinque ore, quando io di solito per costruire un paio di calzature impiego molto meno tempo. Ma questa volta, con l’emozione che avevo dentro e l’attenzione che ho messo, il tempo è volato». 
Con i doni, al Santo Padre è stato recapitato anche un biglietto con questo messaggio:
«Santo Padre
Con questi sandali i nostri detenuti cambiano strada e ritrovano la libertà, passo dopo passo, e cucendo questo porta Breviario ricuciono la loro vita. Accettando questo dono, anche Lei sarà parte di questa rinascita, e di questo messaggio di speranza, riempiendoci di gioia.
Con immensa gratitudine per l’attenzione che riserva agli ultimi».
Il lavoro di Giammarco, Deborah e Katia, è stato commissionato direttamente dal Comune. 
A raccontare come sono andate le cose è Paolo Strano, presidente di Semi di Libertà: «Il Sindaco era alla ricerca di un dono significativo per il Pontefice. Sapendo dell’attenzione particolare che Francesco ha per i detenuti, ha chiesto un consiglio a Stefano Anastasia, Garante dei diritti dei detenuti del Lazio. Lui mi ha chiamato e così è nata l’idea dei sandali e del porta Breviario, degli oggetti “utili” che il Papa forse userà. So per certo che sia Gualtieri che il Pontefice, sono stati molto contenti per questi doni». 
Paolo ha lasciato un lavoro e uno stipendio sicuro per dedicarsi interamente al recupero e al reinserimento nella società dei detenuti. Tra le attività che ha intrapreso in questi anni c’è la produzione della birra «Vale la pena», che ha dato il nome al pub di via Eurialo dove è possibile anche trovare i prodotti di Economia Carceraria: dolci, caffè, pasta, pelletteria e altri articoli rigorosamente prodotti nelle carceri italiane. 
Tra i progetti prossimi a realizzarsi, c’è quello di portare la lavorazione dei sandali direttamente dentro il carcere, al Regina Coeli. Sarà Giammarco a formare i reclusi, una rivincita per lui che adesso può rientrare in quel luogo dalla porta principale.
Nello stesso carcere è già attivo, primo in Europa, un progetto estremamente innovativo: «Si tratta dei visori di realtà virtuale, - spiega Strano - con i quali i reclusi possono fare della pratica sportiva. Uno dei grossi problemi del penitenziario sul Lungotevere, è quello di non avere spazi adatti per l’attività fisica. I visori di realtà virtuale, permettono a chi li indossa di “evadere” in un altro luogo e fare dello sport. Questi strumenti possono “portare” anche a visitare un museo, o una città. Con la Asl Roma 1 c’è un accordo per uno studio che misuri il benessere acquisito usando i visori, sia per i detenuti che per gli agenti della polizia penitenziaria che possono lavorare meglio avendo a che fare con persone meno stressate».
 

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