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Lotta al virus, gli infermieri protestano con Speranza e Zingaretti

Antonio Sbraga
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Non premi, ma attestati di benemerenza. «Per il grande impegno e il lavoro nella lotta contro il Covid» la Regione sta insignendo molti operatori sanitari. Ma gli attestati «non sono per tutti - denuncia la responsabile regionale del sindacato infermieristico Nursing Up, Laura Rita Santoro - e il materiale utilizzato per il documento, poi, non è neanche in carta pergamena. Dell’attestato c’interessa molto poco, ma è significativo della considerazione ricevuta! Tecnicamente, per citare parte del titolo di un film, siamo “Leoni gestiti da cialtroni”», così scrive il sindacato in una lettera inviata all’Ordine delle Professioni infermieristiche, al ministro della Salute, Roberto Speranza, e al governatore Nicola Zingaretti. Perché, accusa Santoro, «i politici e i dirigenti non sono riusciti ad erogare decentemente e per meriti neanche una certificazione a costo zero come questa». Mentre molti operatori sanitari «non hanno ricevuto l'indennità prevista all'esposizione al Covid a causa delle indicazioni regionali, o delle strutture sanitarie, per istruzioni incomprensibili ai professionisti sanitari». Però sufficienti per trasformare queste «consegne degli attestati in passerelle con politici, che celebravano la consegna con relativa esposizione dell’immagine degli attestati sui vari social». Tanto questa «attestazione non prevede alcun’altra forma d'incentivo, come carriera, soldi o altro», commenta amara la sindacalista, non senza ricordare «che almeno l’84% dei positivi al Covid, per ragioni di servizio, secondo l’Inail era un infermiere!».

 

 

 

 

 

Nonostante queste percentuali di contagiati, invece, «sono stati dimenticati molti professionisti sanitari: prima con gli incentivi Covid ed ora con gli attestati, anche quegli operatori sanitari che si sono infettati con il Covid». Eppure, aggiunge Santoro, «tutti i professionisti sanitari hanno anche messo a rischio di Covid i loro stessi congiunti: i dati citano, neanche benissimo, i soli professionisti sanitari infettatisi, ma nessuno parla dei loro congiunti». E tra di loro ci sono «molti colleghi che, pur avendo contratto il Covid per ragioni di servizio, beffardamente, non avrebbero ricevuto alcun tipo d’incentivo Covid, dal momento che “qualcuno” ha deciso che nei reparti “no Covid” il personale, pur avendo dispositivi di protezione inadeguati, non sarebbe stato esposto al Covid», sottolinea la responsabile del Nursing Up. Ricordando alla Regione Lazio che «sono stati dimenticati gli esternalizzati, figli di un Dio minore, o anche le vittime del "caporalato in sanità". Senza dimenticare che più del 50% della sanità nel Lazio è affidata al privato spesso convenzionato, il restante 50% della sanità pubblica è gestita, per un 50%, da personale esternalizzato e non strutturato. Non sono stati considerati i sanitari in service, molti dei dipendenti del privato, i dipendenti delle RSA, gli infermieri di famiglia, gli infermieri che assistono domiciliarmente i cittadini. Nel caso degli esternalizzati, anche se hanno esercitato in unità Covid - conclude Santoro - non hanno ricevuto alcun tipo d’indennizzo!».
 

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